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La notte di capodanno

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Segnalazione: Megamind

Imprescindibile, per gli amanti del fumetto.
Un ottimo film per tutti gli altri.
Megamind mischia sapientemente azione, humor e un pizzico di "filosofia" supereroistica (e non solo supereroistica) confezionando così una pellicola che sa accontentare, sa divertire e sa fare anche riflettere.
"Tu non hai idea di cos'è bene per il Male!", dirà ad un certo punto Megamind.
Perchè Megamind (un "pauroso" incrocio tra Brainiac e Lex Luthor) è il malvagio di turno, l'alieno dalle idee geniali e complesse, colui il quale ha fatto della distruzione di Metroman, il suo avversario di sempre (e palese "imitazione" di Superman), l'unica ragione della sua esistenza.
Ma se per caso, Megamind riuscisse nell'impresa di uccidere Metroman? Cosa succederebbe?
Cosa accadrebbe se il supereroe malvagio, il villain, uccidesse l'eroe buono e amato da tutti? Quali sarebbero le conseguenze sul mondo conosciuto, e che impatto avrebbe sui cittadini e sul villain stesso?
Sono questi gli interrogativi e i fulcri narrativi intorno al quale ruota l'intera vicenda. Ma più di questo non posso dire, altrimenti rovinerei la sorpresa.
Posso solo consigliarvi di andare a vedere questo gioiellino al cinema.

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Epicità

Ovvero quando l'Italia insegnava come fare il Cinema al mondo intero.

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Ufo Robot Goldrake - Go Nagai

Duke Fleed, unico sopravvissuto ed erede al trono del pianeta Fleed, raggiunge la Terra con la sua astronave e il suo robot da combattimento, Goldrake. Porta con sè un messaggio terrificante: il suo pianeta è stato distrutto dalle armate del perfido re Vega, e presto la Terra subirà l'invasione e lo stesso destino del suo pianeta natale. C'è solo un modo per evitare la distruzione: combattere col Goldrake e proteggere la Terra dalle armate di Vega.

Io i robottoni li ho sempre odiati. I vari Gundam, Mazinger, Vultus, Combattler V, Goldrake e compagnia bella mi sono sempre stati sugli zebedei. L'unico che riuscivo a sopportare era Voltron. Tutti gli altri, invece, avrei preferito vederli distrutti e ridotti in frantumi dai nemici. Però il manga di Goldrake ho voluto prenderlo lo stesso.
Vuoi che sto recuperando pian piano l'opera omnia di Go Nagai.
Vuoi che il manga è composto da un singolo volume.
Vuoi che non avevo nulla da leggere.
E allora l'ho comperato. E mi sono riappacificato con i robottoni, e nella fattispecie con Goldrake e con i due Mazinger.

Ufo Robot Goldrake non ha la profondità di Devilman (sebbene non manchino momenti tragici, come il flashback di Duke Fleed/Actarus), e non è nemmeno filosofico come la reinterpretazione della Divina Commedia: punta tutto sull'azione spicciola e sul divertimento immediato. I disegni sono "i soliti" di Go Nagai (un po' retrò, ma per quanto mi riguarda ancora validissimi) e la trama è molto semplice. Si dà anche per scontato che si conoscano le opere precedenti di Go Nagai. Di punto in bianco, infatti, appaiono il Mazinger Z e il Grande Mazinger, che vengono utilizzati prima come "arma" impropria dai veghiani, e poi come alleati di Goldrake per la difesa della Terra.

La lettura però è scorrevole e piacevole, ci si immedesima nelle azioni di Actarus/Duke Fleed e del suo Goldrake (arrivando a tifare per lui!), e tra magli perforanti, alabarde spaziali e generali veghiani malvagi ed orripilanti, si resta - come sempre succede leggendo Go Nagai - impressionati dalla genialità e dall'inventiva del maestro nipponico, le cui opere si fanno leggere e apprezzare anche a trent'anni di distanza.

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Prometeo e la guerra - 1937 di Alex Girola

Non è un caso se quest'anno ho letto quattro romanzi, un bel po' di novel e diversi racconti di Alex Girola. Alex sa raccontare e sa farmi divertire. Cosa non da poco, visto i miei gusti piuttosto difficoltosi in materia letteraria. Sono di quelli che non crede che esistano belle o brutte storie, poichè siamo noi a definire "bella" o  "brutta" una storia. Però esistono "buone" storie, e sono quelle storie che, pur pescando dall'immaginario comune (e collettivo), riescono a proporti sotto una luce nuove qualcosa che conosciamo bene.

Prometeo e la guerra - 1937 fa anche questo. E' una buona storia (ed è una bella storia, per me), e chiude il discorso iniziato col bellissimo 1935 e con il buon 1936, concludendo il trittico dieselpunk in maniera più che degna e (ri)proponendo anche quel "qualcosa" che conosci attraverso un certo tipo di cinema, di letteratura (e di fumetto), senza risultare banale, scontato o noioso.

Come nei precedenti capitoli, l'aspetto storico/politico ucronico è sviluppato in maniera credibile (e in questo 1937 si raggiunge l'apice dell'evoluzione ucronica del mondo (re)inventato da Alex), così come sempre è accurata la ricerca per quanto riguarda armi e armamentari vari (e per chi è a digiuno di modelli di carriarmati e macchinari simili viene in aiuto la preziosissima appendice a fine volume).

Se 1935 era un romanzo incentrato sul "thriller", e 1936 era incentrato su una trama simil-spionistica, 1937 ha come motore principale e come fulcro centrale la seconda guerra mondiale (ucronica). Nei due precedenti romanzi abbiamo assistito al come e al perchè si è arrivati (piano piano) al secondo conflitto bellico.
In 1937 siamo catapultati in mezzo alla guerra, che viene vista (e vissuta) attraverso gli occhi dei due protagonisti dei precedenti romanzi, l'antropologo Enrico Laddavero e l'ufficiale Clelia Fagan. Come in 1935 e 1936 non mancano i colpi di scena, non mancano i personaggi storici veramente esistiti e non mancano le "solite" scene d'azione made in Girola (d'antologia la parte della Dozzina, che da sola varrebbe la lettura della trilogia). Soprattutto, ritornano in auge gli assemblati e la loro umanità, che in 1936 erano stati lasciati un poco da parte.

Unico, piccolissimo neo: le parti di guerra raccontate. Non sono un maniaco dello "show don't tell", ma mi sarebbe piaciuto vedere almeno una battaglia mostrata nel dettaglio. Se per la campagna di Sardegna e Corsica (e tutti gli altri resoconti bellici) era comprensibile una panoramica "generale" (anche perchè immagino che se ogni singola battaglia fosse stata mostrata, avremmo dovuto leggere un tomo di 1000 e più pagine), la battaglia "finale" di Moulins avrei preferito "vederla" attraverso gli occhi dei soldati (o di Raddavero stesso) e mostrata per filo e per segno fase dopo fase.
 Ad ogni modo, a parte questa piccola (e personalissima) critica, 1937 (come i suoi predecessori) si fa leggere con piacere. Un plauso ad Alex per il lavoro, l'impegno e la passione con cui ha lavorato, e anche per come ha concluso il tutto, lasciando(si) una porta aperta per un (eventuale?) prosieguo degli eventi narrati.

Potete scaricare l'eBook gratuito QUI.

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I regali di Natale - e non solo -

Post dovuto e doveroso.
Cos'ha avuto il vostro simpatico Buta per Natale?
- risposta da parte vostra: e chi se ne frega! -

Oltre a un po' di soldini da famiglia e parentado che non fanno mai male, la mia "dolce fanciulla" mi ha fatto (come sempre, tra l'altro) dei bei regaloni. Li vedete nella foto.

Se gli anni passati sono stati monopolizzati più da dvd, fumetti e graphic novel, quest'anno la mia fanciulla ha optato per un Natale libresco.
E che Natale libresco!

Rex Tremendae Maiestatis di Evangelisti è stato un regalo anticipato (e già gustato). Ne ho parlato QUI.

Il Cimitero di Praga di Eco sapevo che sarebbe arrivato per Natale. L'avevo cominciato a leggere in eBook (eBook che è stato piratato praticamente il giorno dopo l'uscita del romanzo), ma sapendo che Deborah me l'avrebbe regalato, ho bloccato la lettura in attesa di (ri)cominciarlo in cartaceo. Eco è il mio scrittore italiano preferito, ho tutti i suoi romanzi e tutti i suoi saggi. Non poteva mancare l'ultimo lavoro nella mia piccola biblioteca personale.

Alla scoperta di Troia di Heinrich Schliemann invece è stato un regalo inaspettato, quanto estremamente gradito. Avevo letto dei brani qua e là nel corso degli anni, e mi ero sempre riproposto di comprarlo. Ma non ne ho mai avuto l'occasione. Quindi devo solo ringraziare Deborah per il bel regalo. Tra l'altro è un testo che  mi servirà. Nello scrivere un raccont(in)o, mi sono accorto che la storia che stavo plasmando mi stava stretta. Troppo stretta. In genere sono una persona pigra. Alle volte, di tanto in tanto, mi vengono in mente storie, storie che però non mi fanno muovere il culo per (provare a) lavorarci su. Sarà pure che non credo di essere in grado di mettere quattro parole sensate (e ben scritte) in fila.
Però questa storia voglio ampliarla, quanto meno per vedere cosa ci esce fuori. L'idea di base c'è. Il "resto" pure. Manca "solo" la dovuta (e precisa, e approfondita) documentazione.Vedremo.

Il portafotografie butico è stato il tocco di classe di Deborah. In effetti mancava. Uno ce l'ho io, uno ce l'ha lei.E' stato un regalo dolcissimo.

E poi.
E poi ci sono quelle pantofolone tigrate.

Ora, vedere un "ciuccione" di 26 anni con quelle cose al piede potrà farvi ridere (sono sicuro che la sola "idea" di me con quelle cose al piede vi stia facendo sganasciare dalle risate). Voi però non avete idea di quanto siano fottutissimamente morbide e calde 'ste pantofole. E poi, quando ci cammino, mi sembro Voltron.

Quindi un grazie enorme quanto una cattedrale a Deborah per i regali stupendissimi che mi ha fatto!

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Tanti auguri, Gesù Cristo!

E nel caso in cui non foste religiosi...Buona Festa del Sole Invitto! :D

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Zorro: l'inizio della leggenda - Isabel Allende

Avete presente Batman Begins?
Bene, questo Zorro - L'inizio della Leggenda di Isabell Allende è il "Batman Begins" incentrato (ovviamente) sulla figura dell'eroe mascherato ottocentesco.
Lasciando da parte le influenze più che evidenti che il Cavaliere Oscuro deve alla famigerata "volpe" (Bob Kane infatti si ispirò proprio a Zorro per creare il suo personaggio, e non è un caso che il film che il piccolo Bruce Wayne stesse vedendo al cinema con la mamma e col papà - prima che questi venissero ammazzati nel vicoletto - fosse proprio Zorro), questo romanzo di Isabel Allende è un bell'affresco storico, e racconta (come fosse una biografia "autorizzata") della vita di Diego De La Vega, dall'incontro dei suoi genitori, alla nascita, passando per l'infanzia, la crescita, l'adolescenza trascorsa a Barcellona, fino alla prima, grande impresa di Zorro in terra Californiana.

Il romanzo è estremamente piacevole, e si fa leggere dall'inzio alla fine.
Interessante il fatto che il piccolo Diego sia figlio di un hidalgo e di una india agguerritissima, che abbia come nonna una delle sciamane più importanti del mondo indiano (e bellissimo il capitolo in cui Diego e Bernardo vengono sottoposti all'iniziazione indiana per rivelare il loro spirito totemico: Bernardo, l'inseparabile amico/fratello di Diego troverà Tornado - il futuro cavallo di Zorro, ancora cucciolo - e capirà che il suo animale totemico è il cavallo; Diego scoprirà - nemmeno a dirlo - che il suo animale totemico è la volpe), che sviluppi la sua agilità e destrezza allenandosi in un circo a Barcellona ed esercitandosi sui pennoni della nave che lo porterà a Barcellona. Così com'è interessante il fatto che la Allende abbia voluto ricreare un "mondo" di Zorro che fosse un perfetto prequel a tutti i telefilm e a tutti i film a lui dedicati.

Se avete visto "La maschera di Zorro",e ricordate un certo medaglione, in questo romanzo si "scopre" cosa sia anche quel medaglione, così come si comprende meglio il famigerato "cerchio del maestro" presente all'interno della pellicola.

Alla facciaccia dei "talebani" dello Show don't tell (secondo i quali questa sia la regola principe per scrivere bene), metà del romanzo è raccontato. Ciò non vuol dire che il romanzo sia brutto o da buttare; anzi, il romanzo "raccontato", se si è in grado di scriverlo, in certe scene rende meglio del mostrato.
A dimostrazione che "la regola delle regole" alle volte, toppa. Soprattutto se ad infrangerla è qualcuno che dimostra (e ha già dimostrato) di saper scrivere in modo eccellente.

Ps: non sono mai stato un estimatore della "volpe". I telefilm mi hanno sempre fatto quasi schifo, così come i cartoni e film vecchi. Le uniche due pellicole che sono riuscito a sopportare sono "Zorro" con Alain Delon e il sopracitato "La maschera di Zorro". Ora, dopo la lettura di questo romanzo, posso dire di essermi finalmante riappaciato con l'eroe.

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Survival Vlog - Documento #2

Qui è sempre Angelo Cavallaro che parla.
Sono passate quasi due settimane da quando ci siamo sentiti l’ultima volta, tempo in cui abbiamo deciso di incamerare maggiore energia per mantenere una linea un po’ più stabile. Il complesso della Nato, dove siamo rifugiati, è dotato per fortuna di un paio di impianti fotovoltaici che ci permettono di avere il minimo indispensabile di energia elettrica. Energia elettrica che però, come potete immaginare, dobbiamo centellinare.

E’ dura, comunque. Durissima. Ho visto che anche altre persone stanno riuscendo a mettersi in contatto tra loro, per scambiarsi informazioni sulla pandemia e sui  gialli, e sul modo in cui stanno sopravvivendo. Qui a Bagnoli quasi pensavamo di essere gli ultimi rimasti. Invece, per fortuna, ce ne sono altri, lì fuori.

Se la linea regge, oggi voglio cominciare a parlarvi della nostra storia, do come siamo riusciti a sopravvivere, di come ci siamo arrangiati e di come ci stiamo arrangiando.

All’inzio di tutto, 5 anni fa,  la Pandemia, come al solito, fu presa sottogamba. D’altronde penso immaginate da soli le cose come vengono prese, qui a Napoli. Solo quando apparvero i primi gialli da queste parti, e il morbo cominciò a imperversare, ci fu un fuggi fuggi generale verso le campagne. Anche a Bagnoli, il mio quartiere, furono in molti ad andarse. Agli inizi del 2011, dei 20000 abitanti del quartiere, eravamo rimasti circa in 250.

Può sembrare una cosa folle, ma in un mondo completamente malato e vicino al collasso, abbiamo deciso di restare qui. Un posto valeva e vale l’altro, e così, andarsene o rimanere era lo stesso. Ci siamo dati da fare, e abbiamo resistito.

Bagnoli è un quartiere periferico di Napoli, più simile a una cittadina chiusa che a un quartiere inglobato all’interno della città. Per resistere, e fronteggiare una possibile minaccia dei Gialli, ci siamo letteralmente isolati, chiudendo tutte le vie di accesso al quartiere.
Abbiamo utilizzato un paio di ruspe e un camion abbandonati all’interno dell’Italsider, per spostare gli scogli del lungomare de “la pietra” e occludere  le strade che collegano Bagnoli agli altri quartieri.

A sud di Bagnoli, via Diocleziano, via Coroglio, e via di Pozzuoli sono chiuse. Abbiamo scaricato tanti di quei detriti dell’ex acciaieria, e tanti di quegli scogli, da creare una specie di muraglia alta diversi metri. E lo stesso abbiamo fatto su viale della liberazione, via Alessandro d’alessandro, e la Cupa Starza, a nord del quartiere, rendendo Bagnoli un posto impenetrabile dall’esterno.
Abbiamo anche occluso i binari delle linee della cumana e della metropolitana, per essere tranquilli.
Grazie a questi accorgimenti, i gialli, fino all’anno scorso, non si sono mai visti, non sapendo nuotare. Il problema è che poi hanno imparato, ma di questo ve ne parlerò in seguito.

Ad ogni modo, dopo aver preso queste prime precauzioni siamo riusciti a…

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Racconti di vita (vissuta per finta?) #1: Il commerciante

Il Mercatino Rionale di Bagnoli è un edificio tozzo e rettangolare di due piani: quello superiore è adibito per lo più alla vendita di prodotti alimentari, con pollerie, minimarket, banco surgelati, fruttivendoli e drogherie; quello inferiore, a detersivi, pseudovestiario e prodotti per l'igiene intima.
Un tempo, il Mercatino, era una sorta di Eldorado in miniatura. Assieme al mercato itinerante che occupava una volta a settimana buona parte del quartiere, ci si poteva trovare di tutto, a prezzi convenienti. Adesso, invece,  assomiglia più a una ghost town in rovina.
Il Mercatino è decadente, squallido, sporco. La metà dei negozi hanno le serrande arrugginite abbassate, su dieci lampadine che penzolano dal soffitto se ne accende solo una, e la maggior parte dei neon incollati alle pareti lampeggiano impazziti, senza mai fermarsi.  Nonostante ciò, e nonostante nel quartiere siano presenti un paio di supermercati ben riforniti,  il Mercatino Rionale rimane un punto di riferimento per la cittadinanza, e il luogo preferito dalle casalinghe e dai loro mariti dove trovare la maggior parte delle cose utili per il proprio appartamento,  la propria cucina e il proprio frigorifero.
Rispetto al piano superiore - ampio, arioso e illuminato dalla luce che filtra dai finestroni posizionati sotto il soffitto che corrono lungo tutto il perimetro dell’edificio - il pian terreno è un ambiente stretto, claustrofobico e oscuro. E' una specie di corridoio addobbato fino all’inverosimile di cianfrusaglie e suppellettili più o meno inutili, sui lati del quale si aprono cubicoli lerci e in penombra che vendono saponette, borotalco, dentifrici, spazzolini e robe di questo genere.
Il gestore di uno di questi negozietti dai pavimenti dissestati è il signore G., un uomo tozzo e quadrato dall'aria innocente, con gli occhi piccoli e neri, il naso a punta, e le labbra sottili. Benchè la sua merceria sia una delle più orripilanti di tutto il complesso, cerca di ovviare alla “mancanza estetica” trattando i clienti con cortesia, precisione e cordialità. Dicono sia un brav'uomo, con moglie e figli, e che svolga il suo mestiere di commerciante in modo onesto ed esemplare, accontentando i clienti e offrendo sempre merce di prima qualità.
Poi è normale che, nel quotidiano svolgimento dell'esercizio commerciale, possano capitare, di tanto in tanto, intoppi, problemi o questioni di vario tipo. Questioni che il signor G., forte del suo alto senso morale, riesce sempre a risolvere.
Come questa mattina.
Al negozio si è presentata una signora di mezza età con il figlio. Il signor G. li conosce: sono clienti abituali. La signora ha chiesto il solito barattolo di borotalco da un 1kg, e il signor G. ha obbedito. Ha afferrato il barattolo dallo scaffale posto alle sue spalle, l’ha appoggia sul bancone, ha digitato il prezzo sul registratore di cassa, ha strappato lo scontrino emesso e l’ha dato alla signora.
«Signò, song’ 10 euri.»
La signora ha annuito, e dal borsello ha tirato fuori una banconota da 50.
Gli occhi del signor G. hanno brillato per un istante. Ha dato i due biglietti da 20 euro alla signora, mentre il figlio al suo fianco – un grassone dall’aria truce di quasi 30 anni, appoggiato a un carrello della spesa rosso e blu – sbuffava, visibilmente annoiato.
«Grazie, Signor G.», ha fatto la signora, passando il borotalco al figlio, che l’ha riposto nel carrello.
«Stateve bbon’, signò», le ha risposto G., con il suo tipico fare bonario.
La signora e il figlio sono usciti dal bugigattolo. Il signor G. ha continuato a servire i clienti, come al solito.
Dopo circa una quindicina di minuti, è riapparsa la signora del borotalco.
«Signor G., stavo comprando il pollo dalla signora di sopra, e quando ho pagato, mi ha detto che i 20 euro che mi avete dato voi come resto non so’ buoni e sono falsi.»
Il Signor G. ha socchiuso gli occhi, corrugato la fronte, arricciato le labbra e spalancato le braccia.
«Signò, e je che ce pozzo fare? Nun song’problemi miei, questi qua. Quann’na’ cosa jescie dal necozio, nun ce pozzo fare proprie niente. E po’ nun o’vedete ca’ e’sord’ so bbuoni? Ma quanno maje so' falsi!»
La signora ha accennato una flebile protesta, dicendo che oltre alla pollivendola, sia il fruttivendolo, sia la macchinetta per il controllo delle banconote della drogheria avevano stabilito che la banconota da 20 fosse falsa.
«Signò, ve l’aggio detto», ha ringhiato il Signor G., scuotendo la testa, «Nun se po’ ffà niente. I soldi so’ buoni. E mò jatevenne, ch’teng’che ffà. Non vedete che ppe’ mezza vostra s’è fatt’a folla dint’o negozio?»
La signora ha chinato il capo, e se n’è uscita mogia mogia dal cubicolo. Il signor G., sorridendo come se niente fosse successo, ha proseguito nello spicciare le persone che chiedevano questo e quel prodotto. Fino a quando, al bancone, non si è presentato il figlio della signora.
Sorrideva, ma dietro le lenti scure degli occhiali da sole, il Signor G. intuiva le occhiatacce leggermente intimidatorie.
«Ch’ve pozzo da’?», ha chiesto il signor G. rivolgendosi al grassone facendo finta di non sapere chi aveva di fronte.
Il figlio della signora si è fatto avanti, ha poggiato le 20 euro sul bancone e ha detto: «Questi sono i 20 euro che lei ha dato come resto a mia madre. La banconota, e lei lo sa benissimo, è falsa. Dato che non ha voluto cambiarla, pur sapendo di essere in torto, gliel’ho riportata, cosicchè potrà tranquillamente darla come resto a qualche altra persona onesta, che, così come ha fatto mia madre, non si accorgerà che i 20 euro sono falsi e non sono buoni…»
«Ma ch’state diciendo, guagliò», ha urlato il signor G., dissimulando sorpresa e indignazione al tempo stesso, e attirando la solita folla di curiosi pronta a farsi i fatti degli altri. «E’sord’ so' bbuoni. Ch’strunzat’staje dicenn’? Chi ve l’ha detto che i soldi sono falsi?»
Il grassone ha increspato le labbra in un sorriso maligno.
«L’ha detto la macchinetta per le banconote del droghiere del piano di sopra.»
«Eh, ma e’machinett’dicono nu’sacc’e’ strunzate!»
«E allora anche la pollivendola e il fruttivendolo dicono “nu sacc’e strunzate”, dato che hanno constatato il fatto che la banconota è fasulla. Ad ogni modo, se come sostiene – giustamente – lei, dato che i soldi che lei ha dato come resto a mia madre sono buoni, non avrà problemi a tenersi la banconota e a cambiarli con un’altra di pari importo, vero?»
Il Signor G. ha cominciato a guardarsi intorno, spaesato. Non aveva la minima intenzione di cambiare quei soldi, non sapeva cosa rispondere al grassone, e nel frattempo vedeva il capannello di gente formatosi fuori al negozio che annuiva quando parlava il figlio della signora.
«Eh, guagliò, mo’ nun pazziamm’. L’aggio detto già a tua madre. Quann’na cosa esce fuori dal negozio, je nun c’pozzo fare niente.»
«Allora si tenga pure la banconota come le ho detto prima. Tanto le persone qui intorno hanno sicuramente capito che razza di commerciante è.»
«Guè, ma comm’t’permiett e’dicere ste…»
«Stia zitto, che è meglio», ha detto secco il grassone, «Tanto la pessima figura l’ha fatta lo stesso, per lo più davanti ad altri clienti, che come vede mi stanno dando ragione. Le risparmio anche la seccatura di una denuncia per spaccio di banconote false, denuncia che potrei benissimo fare in quanto ho ben tre testimoni che mi conoscono e che hanno appurato il vero. Lei potrà aver guadagnato 20 euro con questo simpatico giochetto, 20 euro che io, a causa sua, ho perso; ma lei sa bene che se io ho perso 20 euro, lei ha perso un cliente, oltre a 100 e più euro in borotalco, dato che mia madre veniva a comprarlo esclusivamente qui una volta al mese.»
Il signor G. è rimasto ammutolito per qualche istante. Poi ha urlato qualcosa, mentre il grassone usciva dal cubicolo e diceva: «Sì, sì, continui a fare la parte dello stuzzo. Bla bla bla bla. L’importante è che la gente abbia visto come lei si comporta e che razza di lestofante è. Fossi in lei, proverei un po’ di vergogna per questo suo comportamento.»
Il capannello di gente intanto bofonchiava qualcosa.
Il Signor G., rimasto col volto terreo, la bocca spalancata e l’espressione stralunata, non sapeva più cosa dire. Come si permetteva quel chiattone di merda di delegittimarlo in quel modo davanti agli altri clienti? Clienti che, adesso, lo stavano guardando tutti con occhi di fuoco e la faccia indignata.
«Che schifo», dicevano alcuni, scuotendo la testa.
«Ma se i soldi erano buoni veramente, perché non li ha cambiati?», sussurravano altri.
«Ch figur’e merd’», affermavano altri ancora.
Il Signor G. ha deglutito, mentre vedeva la gente lasciare il suo negozio. Quelle due-tre persone che prima avevano in mano flaconi di detersivo, spugne e deodoranti, avevano riposto tutto al loro posto e se n’erano andate, lasciandolo solo.
Il negozio era sprofondato nel silenzio di colpo ed era ritornato ad essere quello che era: un cubicolo lurido, piccolo e sporco, all’interno di un edificio squallido e decadente. 

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Romanzo Criminale - La Serie 2

Lo dico?
Lo dico!

Il miglior telefilm italiano mai prodotto, girato e interpretato.
Talmente ben prodotto, ben girato e ben interpretato (insomma, talmente"cool") che la HBO s'è comprata i diritti e lo manderà in onda negli USA.

Mica cazzi e fichi.

Sarà dura, ora che è finita la seconda (e ultima T__T) stagione di Romanzo Criminale, ritornare a quella merda fictionaria italiana fatta di Cesaroidi, Medici sui Coglioni, Carabicchieri e Casi di Coscenza 9 (rigorosamente senza "i" per sottolineare l'elettroencefalogramma piatto della fiction italiota).

10 episodi, che si sommano ai 12 della prima stagione.
10 episodi stupendi, che ti tengono incollato allo schermo, e che hanno l'unico difetto che, prima o dopo, arrivano alla conclusione.
Un capolavoro assoluto, senza se e senza ma, ventata di aria fresca nei polmoni rachitici del modo di fare telefilm qui da noi.

Ma Romanzo Criminale - La serie 2 è questo e altro ancora.
Non è una semplice e fedele trasposizione della seconda e terza parte romanzo. E non è nemmeno un remake del buonissimo film diretto da Michele Placido. E' qualcosa di nuovo, che reinventa e riscrive questa "mitologia" criminale ideata da Giancarlo De Cataldo che prende spunto dai fatti e dagli uomini che componevano la celeberrima (e terribile) "Banda della Magliana".

La seconda stagione parte esattamente dove si concludeva la prima. Il Libanese è stato ammazzato sotto casa, e la banda ora è costretta a fare i conti prima con i suoi assassini, e poi con sè stessa e con la sua lenta (e inesorabile) disgregazione.

I personaggi sono estremamente fedeli alla loro controparte cartacea (e bisogna solo applaudire a come Stefano Sollima, il regista, abbia fatto lavorare l'intero cast facendo emergere soprattutto la psicologia di ogni singolo personaggio [principale e/o secondario che fosse, basta vedere l'evoluzione del Dandi, il sottile lavoro di introspezione del Freddo o la voglia di vendetta del Bufalo]), ma il punto forte della serie è lo stravolgimento adottato nei confronti della trama del romanzo. Stravolgimento che non ha fatto altro che bene alla serie, che pur rimanendo nei binari del "plot" originale, ne ha guadagnato in suspance e tensione narrativa (basta pensare a chi, nella serie, ha assassinato il Libanese, alla puntata del rapimento del Freddo, il personaggio di Donatella (re)inventato ex-novo o al modo in cui la banda sembra ritornare unita dopo la faccenda del Sardo).

Ripeto e ribadisco: capolavoro assoluto.
Non lasciatevelo sfuggire.
Sarebbe un delitto imperdonabile.

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Rex Tremendae Maiestatis - Valerio Evangelisti

Si conclude quella che è forse la miglior saga di genere fantastico che abbiamo in Italia.
Nicholas Eymerich, inquisitore generale del Regno d'Aragona è di sicuro uno dei personaggi più interessanti, profondi, acuti, intelligenti e sfaccettati della narrativa di genere degli ultimi anni. Ed è davvero con la lacrimuccia agli occhi che si legge quest'ultimo libro, ben consapevoli che di avventure dell'inquisitore non ne avremo più.

In tutti questi anni, Evangelisti ci ha abituato a un tipo di romanzo intelligente, dove al romanzo storico si affiancava il romanzo fantastico, ucronico e fantascientifico. Il tutto condito da dissertazioni filosofiche, storico/storiografiche, fisiche e metafisiche.

Rex Tremendae Maiestatis è un po' "la summa" dell'intera saga. In ogni capitolo c'è sempre un piccolo rimando a questo o quel volume, a questo o a quel personaggio già conosciuto, a questo o a quel libro maledetto debellato, e soprattutto (come sempre), al celeberrimo Raimondo Lullo, la vera ossessione di Eymerich sin da bambino.

L'ultima avventura dell'inquisitore vede Eymerich alle prese con Ramòn de Tàrrega, il suo più acerrimo rivale, un ebreo convertitosi al cristianesimo e divenuto monaco che  eccelle nelle arti (oscure e proibitissime in quanto eretiche) della negromanzia, che è capace di traferire la sua anima da un corpo a un altro, che può far apparire dischi luminosi in cielo che vomitano giganti e lestrigoni,  e che costringerà l'inquisitore ad una caccia serratissima tra i vicoli di Barcellona, l'entroterra siciliano e le vie di Napoli.
Il tutto alternato con una flashback su Eymerich bambino, e con la storia di Lilith, una ragazza dell'anno 3000 approdata sulla base medica di stanza sulla luna con l'obiettivo di sterminare tutti coloro che vi abitano.

In questo romanzo, Eymerich non è "il solito" Eymerich. Per quanto sia sempre lucido, implacabile, burbero, e autoritario, è "meno" lucido, implacabile, burbero e autoritario. Il tempo scorre, e si fa sentire anche per lui. Il fisico non è più quello atletico di una volta, gli acciacci e i dolori dovuti all'età ci sono, e si fanno sentire.
E' un Eymerich più calmo e riflessivo, meno astuto di quello visto in "Cherudek", e meno cazzimmoso (è il termine adatto, perdonatemi la napoletanità) di quello visto in "Picatrix" (volume nel quale, secondo me, l'inqusitore raggiunge il suo massimo grado di cazzimmosità).
E' un Eymerich più morbido, che non disdegna l'amicizia con un giudeo(!), che si lascia andare a qualche sincera risata e che, in definitiva, si lascia andare proprio del tutto.

Unici due "nei": la mancanza di Frullifer (ci voleva, nel volume finale, colui il quale da il la alla rivoluzione [fanta]scientifica del mondo storico/fisico/ucronico di Evangelisti), e qualche pensiero in più sul mitico padre Corona, l'unico, vero comprimario e spalla ideale di Eymerich.

Volume imprescindibile, per gli amanti della saga.
Volume che, leggo in giro, ha diviso gli estimatori. Da una parte ci sono coloro che osannano l'ultimo lavoro di Evangelisti. Dall'altra, i delusi che ritengono Rex Tremendae Maiestatis il lavoro più scadente.

Per quanto mi riguarda, il romanzo mi è piaciuto.
Non posso (ovviamente) dirvi come finisce ma...chi ha letto la saga converrà con me che era davvero quello l'unico modo per concludere il ciclo in modo degno.
Per noi, e per Eymerich stesso.

Ps: si ringrazia caldamente la mia dolce fanciulla per il regalo anticipato. Trattavasi infatti di uno dei regali di Natale...

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1

Chiuso per format

Il Viagra della mente si assenta per qualche giorno causa format pc. 
Ci si ribecca a inizio settimana!

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3

Berlusconi: il piacere di fare la spesa!

Berlusconi ottiene alla Camera la fiducia per tre voti (314 a 311)

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3

La foto della settimana: Cade, non Cade

Come ogni anno, sotto la Galleria Umberto I di Napoli, viene posizionato un enorme albero di Natale sui rami del quale è possibile "attaccare" la propria letterina a Babbo Natale.
Il pensiero di Martina è (forse) un po' il pensiero di tutti noi in questo momento.
Ma tenendo conto che Quello Là s'è comprato 32355253 parlamentari, la vedo dura.

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6

Segnalazione: Buried - Sepolto

Se dovessi scrivere per filo e per segno cosa succede in questo film, rovinerei la visione a tutti.
Della trama posso dirvi solo che un contractor americano di stanza in Iraq, dopo un assalto al suo camion, si risveglia all'interno di una bara sepolta qualche metro sotto terra, con un accendino, un telefonino, un coltello e un paio di neon a fargli "luce e compagnia".
La pellicola si svolge (quasi) in tempo reale. Il contractor (interpretato da Ryan Raynolds) ha solo un'ora e mezzo di ossigeno lì sotto. E in quest'ora e mezza dovrà cercare di...

Il film è geniale (oltre che claustrofobico e dal ritmo serratissimo nonostante l'unico attore sia chiuso dentro la bara e non possa quasi muoversi).
Sembra che il regista, Rodrigo Cortès, avesse a disposizione un budget limitato, e per ovviare a ciò abbia pensato di girare un film economicissimo, col minor numero di attori possibili e un'unica location. Da qui l'idea dell'uomo sepolto nella bara.

Un film insolito, che tiene lo spettatore in ansia e con il fiato sospeso per tutta la durata della pellicola.
Il finale, poi, è magistrale.
Se potere, recuperatelo. Ne vale la pena.

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8

Survival Vlog - Documento #1

I canali di comunicazione, al momento, sono disturbati.
So che un piccolo gruppo di persone sta cercando si mettersi in contatto tra loro, nonostante la Pandemia GiallaQUI ho trovato qualcosa di interessante al riguardo. 
Spero vi sia di aiuto, così com'è stato d'aiuto qui a Bagnoli.
Se ci sarà energia sufficiente, mi collegherò di nuovo.
Restate vivi.
Noi proveremo a fare altrettanto.

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4

La puttanata del giorno

Se Falcone e Borsellino fossero vivi assolverebbero Marcello Dell'Utri con formula piena.
Gianfranco Miccichè, leader di Forza Sud, venerdì 10 Dicembre 2010.

Già.

Se Falcone e Borsellino fossero vivi assolverebbero Marcello Dell'Utri con formula piena.
E poi c'era la marmotta che confezionava la cioccolata...

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2

Stato (di polizia)

Sono rimasto esterrefatto nel vedere le immagini di quanto accaduto ieri in Piazza del Gesù a Napoli. Così come spesso accade un paio di volte al mese, un gruppo di ragazzi, in collaborazione con la ciclofficina "Massimo Troisi", organizza una Critical Mass, ovvero una simpatica "sgambettata" pacifica in sella alle bici per le vie della città.
Ieri era in programma una Critical Mass denominata simpaticamente "Immacolatella".
Il problema è che in contemporanea, a Piazza del Gesù, era in programma la "solita" manifestazione religiosa e altre due manifestazioni.
I ragazzi che stavano procedendo a iniziare la Critical Mass sono stati improvvisamente caricati da polizia e carabinieri in assetto antisommossa, senza che avessero fatto nulla. E due di loro sono stati tratti in arresto, con l'accusa (ridicola) di aggressione a pubblico ufficiale.

Scandaloso.

Soprattutto perchè le immagini postate documentano che l'unica aggressione è stata quella delle forze dell'ordine.

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8

Albero o Presepe?

Oggi, 8 dicembre, comincia ufficialmente il periodo Natalizio (dal punto di vista ecclesiastico in effetti è già cominciato a fine novembre con la festa di Cristo Re e la prima domenica di Avvento, ma vabbè).

E oggi, 8 dicembre, tradizionalmente si fa l'albero di Natale e/o il Presepe.

Voi cosa fate? A cosa siete più affezionati?

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6

The Walking Dead (telefilm)

La AMC ha fatto il colpaccio.
I sei episodi di The Walking Dead hanno fatto il botto, e quella che doveva essere una miniserie con un grosso punto interrogativo sul suo futuro (nonostante si fosse creato intorno al serial un hype per fortuna ben ripagato) è diventato un vero e proprio cult, che è stato riconfermato per una seconda stagione con un numero doppio di episodi.

Sangue, inseguimenti, moralità, regole infrante, pathos, zombie...
Tutto questo, e altro ancora, è The Walking Dead, anche se, nonostante quello che si pensa, non è affatto un telefilm (e prima ancora un eccelso fumetto ideato da Robert Kirkman) sugli zombie. O meglio, è anche un telefilm sugli zombie, ma i simpatici morti viventi altro non sono che il pretesto per mostrare quella che forse è una delle storie più antiche del mondo: ovvero quella della caduta della civiltà.

E cosa succede quando una civiltà (de)cade?
Semplice: assieme ad essa decadano tutte le regole del vivere "normale e civile", e sta solo ai sopravvissuti scegliere se mantenere una parvenza di normalità e civilità, oppure ritornare ad uno stato di natura, fondersi col caos intorno e lasciarsi andare.

L'incipit della storia è semplice (e forse anche un tantinello abusato come "pretesto" narrativo): Rick Grimes, vicesceriffo di un piccolo paesino nelle vicinanze di Atlanta, viene ferito durante uno scontro a fuoco.
Dopo aver passato un imprecisato numero di giorni in coma, si risveglierà da solo in un ospedale abbandonato, e si renderà subito conto che la realtà, così come la conosceva, è totalmente cambiata: la città è distrutta e abitata unicamente da zombie di "romeriana memoria" mossi solo dall'istinto primordiale di uccidere.
Rick non sa cos'è successo, nè perchè siano presenti gli zombie, così come non lo sanno le persone che incontrerà nel proseguio della serie. Si sa solo quel tanto che basta, il solito classico "non farti mordere o diventi come loro", oppure "dopo che sono morti, ritornano in quello stato", o ancora "per farli fuori bisogna solo spappolargli il cervello".
Il solito classico: ma rinarrato in modo nuovo ed epico.

Da non perdere.

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2

Winter is Coming! (3)


La saga ideata da Martin è una delle poche che si salva del ciarpame fantasy/fantastico "classico". Del telefilm tratto da "Le cronache del ghiaccio e del fuoco" se ne parlava da anni, e solo nel 2009 si è cominciati a lavorare sul serio.
La premiere è attesa per il 2011, e stando alle poche immagini che circolano in rete, si candida ad essere la serie migliore del nuovo anno. Sarà pure perchè la storia è bella sostanziosa, e la saga si presta a una trasposizione fedele dato che è scritta già di suo in una maniera molto simile a una sceneggiatura.
Staremo a vedere...

Però, caro Martin, mettiti a scrivere quel fottutissimo "A dance with Dragons"! Altrimenti fai la fine di Jordan...

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3

Gli americani non sono stupidi...

Forse...

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2

Segnalazione: The Social Network

Complice l'insonnia (ultimamente sono tipo Christian Bale ne "L'uomo senza sonno"), ho visto l'altra notte "The Social Network".
Non sapendo che fosse una pellicola di Fincher, mi aspettavo un filmazzo squallido, semplice e leggero, invece mi sono trovato di fronte un film davvero niente male, che mostra come Zuckerberg abbia fottuto l'idea a due colleghi universitari e sviluppato Facebook, e di come, da semplice rete interna universitaria, sia diventato il social network più importante e popolato del mondo, tanto da rendere il suo creatore da un nerd "sfigato" al più giovane miliardario del mondo (beat'a iss').
Interessante soprattutto sapere che uno degli ideatori di Napster abbia collaborato all'espansione del celeberrimo Faccialibro, e di come Zuckerberg si sia mano a mano inimicato tutti i suoi collaboratori più stretti.
Un buon film, che mi sento di consigliare a tutti quanti voi.

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3

I Giusti

Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere una etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che intuisce un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo. 

J. L. Borges

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3

La foto della settimana: Murales on the Iceberg!

Credo sia un fotomontaggio ma...E' davvero spettacolare!

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6

50000 e non sentirli

Oggi Il Viagra della Mente raggiunge quota 50000 visite.
Mi rendo conto che non sono nulla ma...è un piccolissimo traguardo che comunque mi preme festeggiare. D'altronde, come disse il saggio: "E' un piccolo passo per la blogosfera, ma un grande balzo per Il Viagra della Mente!"

Grazie a tutti voi che leggete e vi soffermate su questi lidi!

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3

Wikileaks: ovvero della scoperta dell'acqua calda

Berlusconi portavoce di Putin all'interno della UE.

Incapace, vanitoso e inefficace come leader europeo moderno.

Le feste selvagge di Berlusconi.

Sono queste le maggiori "indiscrezioni" e i pensieri dei grandi paesi del mondo nei confronti del nostro beneamato premier Silvio Berlusconi.

D'altronde in questi giorni non s'è parlato d'altro.

"Wikileaks renderà pubblici oltre 2 milioni di documenti, che sono destinati a destabilizzare le diplomazie di tutto il mondo poichè al loro interno sono contenuti dossier segretissimi e compromettenti".

Ma ora vi domando: c'era bisogno di Wikileaks per sapere che anche gli altri Paesi del mondo SANNO che Berlusconi è un malato sessuale che tiene all'amicizia di Putin perchè sotto sotto gli piacerebbe fare come fa lui qui in Italia?

No perchè noi italiani queste cose le sappiamo da tempo. Non c'era bisogno dei dossier delle diplomazie internazionali e di quelli dei servizi segreti per scoprire l'acqua calda...

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4

Erba (telefilmica) di casa nostra

Se si fa un giretto sulla blogosfera e sui portali dedicati ai telefilm, avrete sicuramente notato come si osannino sempre e comunque serie tv americane e straniere.
Si sprecano lodi a prodotti come "The Walking Dead", "Boardwalk Empire" o "Dexter" perchè effettivamente sono serie di qualità che puntano (e in certi casi rasentano) l'eccellenza e la perfezione.

Tutt'altro discorso per quanto riguarda le produzioni italiane.
Solita robaccia, telefilm noiosi dai buoni sentimenti con famigliole pseuso(in)felici utili solo per intrattenere l'italiota medio dalla media cultura, e cose del genere.

Poi però ci sono le eccezioni.
E ti rendi conto che se si investisse di più in queste eccezioni, anche noi non sfigureremmo a livello internazionale.

In questi ultimi anni, ci sono ben tre telefilm che si sono distinti e sollevati dal ciarpame telefilmico italico privo di idee.

Boris è l'esempio perfetto di come un telefilm incentrato sul politicamente scorretto possa sfondare anche da noi. Sarà perchè il cast è ben amalgamato e vede la presenza di buonissimi attori e un mostro sacro come Pannofino; sarà perchè mostra con ironia e battute folgoranti il mondo che si cela dietro una produzione telefilmica "trash", dove il regista pluripremiato è costretto a girare "monnezza" perchè al momento non si trova di meglio, lo stagista viene sfruttato e non pagato, e gli attori principali vengono scelti in quanto "figli di" o "protetti politicamente da"; sarà perchè una puntata dura il giusto (circa 20 minuti) e non stanca, ma la serie funziona, intrattiene e fa pensare.
Funziona, trattiene e fa pensare talmente tanto che non si può mandarla in chiaro, perchè la serie è "difficile e per pochi".

Romanzo Criminale è la dimostrazione di come si possa fare "cinema" con un telefilm e si possa raccontare una storia di ampio respiro. E', in piccolo, l'equivalente dello strabiliante Boadwalk Empires. La regia è perfetta, la fotografia è ottima, la colonna sonora è da paura e il cast è azzeccatissimo (decisamente di più rispetto a quello del film di Michele Placido e più fedele nell'aspetto fisico ai personaggi del romanzo di De Cataldo). Ci sono voluti ben 2 anni per vedere la seconda stagione (attualmente in corso), ma l'attesa ha premiato le aspettative.
Purtroppo, a quanto pare, non ci sarà la terza stagione (che chiuderebbe la narrazione), dato che la serie solleva un cumulo di critiche e problematiche stupide del tipo: "Il telefilm osanna, santifica e mitizza dei criminali che uccidevano". Come se una persona sana di mente non sapesse distinguere tra bene e male.
Ad ogni modo, io sono fiducioso: così com'era stato annunciato che non ci sarebbe stata s la seconda serie, è possibile che (non) si farà la terza.

L'ispettore Coliandro invece è l'esempio di come si possa intrattenere il pubblico con intelligenza, divertendolo e allo stesso tempo mostrandogli un poliziesco coi controcosiddetti, mai banale e ben costruito. Negli altri paesi del mondo, a uno come Lucarelli  farebbero scrivere 346467 puntate di Coliandro, e le affiderebbero tutte e 346467 ai bravissimi Manetti Bros, rinnovando la serie stagione dopo stagione. 

Da noi, no.
Nonostante il celeberrimo "braccio maldestro della legge" sia risultato il telefilm più visto su Rai 2 degli ultimi anni, riscuotendo un successo enorme proprio perchè era evidente che si trattava di un prodotto di qualità e non della solita baggianata italiota, la serie è stata prima dimezzata (passando da 4 a 2 puntate stagionali), e poi cancellata per mancanza di budget. Una roba squallidissima.

Ad ogni modo, a voi abituati a godere serie tv straniere, consiglio caldamente la visione di queste tre perle nazionali. Ne vale la pena.

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2

Piove!


Un video dedicato alla pioggia incessante di questi giorni...
Buona visione!

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9

Il primo libro non si scorda mai...

A casa sono sempre circolati libri e fumetti.
Non appena ho imparato a leggere, mia madre si premurava di farmi trovare un libricino o un fumettino sul letto, sul tavolo (e sulla tavolozza), in modo da spronarmi alla lettura.

Il primo libro (anzi, i primi 2 libri, chè me li regalarono insieme), però, non si scorda mai.

Le edizioni illustrate della Dami Editore dell'Iliade e dell'Odissea erano (e sono tutt'oggi) delle perle. Adattamenti in prosa dei poemi omerici fatti benissimo, divisi per canti, e corredati da illustrazioni bellissime che ti calavano completamente all'interno della storia.

Regalare una cosa del genere a un bimbo significa segnarlo a vita (e non è un caso se sono cresciuto con la fissa della mitologia e della Storia Antica). Ma d'altronde, come si fa a resistere a un intreccio come quello dell'Iliade e dell'Odissea, soprattutto se ad ogni pagina c'è il disegno stupendo che ti fa vedere quello che hai appena letto?

Le illustrazioni a pagine doppie degli scontri tra Achei e Troiani, quelle favolose dei duelli singoli (bellissima quella di Ettore contro Aiace Telamonio, o quella di Achille che sovrasta Ettore), oppure la nave di Odisseo che solca i mari in tempesta, o Polifemo accecato che scaglia il masso contro l'imbarcazione di "Nessuno", sono delle vere e proprie perle.

Tra l'altro, nel corso degli anni, la Dami Editore ha prodotto una serie di adattamenti di classici della letteratura, uno più bello dell'altro. Il migliore, forse, è quello della Divina Commedia, ma sono stupendi anche quello dell'Eneide, quello de I cavalieri della tavola rotonda e i due volumi sulla Mitologia Classica.
Molto particolari, invece, i libri a sfondo "storico", presentati sempre alla stessa maniera degli adattamenti. Bellissimo quello su Alessandro Magno, dove, arrivati alle battaglie principali, ci sono i prospetti tattico/strategici su come si sono svolte, oppure molto particolare quello su Annibale e Scipione: il volume è diviso in due metà (una per il condottiero cartaginese e una per il generale romano), e per passare da una parte all'altra si dove "capovolgere" il libro. La particolarità è che le storie di entrambi convergono al centro del libro, dove si narra di Zama e dove viene presentato il prospetto della battaglia.

Sono libri veramente bellissimi, ed è bello vedere che le librerie li vendano tutt'oggi. Così, se avete un bambino a cui fare un regalo "malvagio", sapete cosa comprare...

E voi? Qual è stato il vostro primo libro?

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2

Scusi, ma...Il contraddittorio?

Ovviamente non c'è.
Il contraddittorio tanto "decantato" da una certa parte politica non c'è mai, quand'è sconveniente.
Strano, perchè il nostro(?) beneamato(?) Presidente del Consiglio mi è sempre sembrata una persona saggia, equilibrata e pronta al dialogo...
Proprio come durante la (trecentosessantesima) telefonata a Ballarò di ieri sera.

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12

Harry Potter e i Doni della Morte - Parte 1

A cura di Raffaele "El Rafko" Sergi

Che non ci si lasci ingannare da quanto è stato fatto, nel bene e nel male, per addobbare ed abbellire la trappola: che si tratti di fiori, ghirlande, magie o lustrini, una sabbia mobile resta sempre una sabbia mobile, una diabolica macchinazione atta a tirar giù tutto e tutti senza alcuna distinzione.
Guardare "Harry Potter e i Doni della Morte - Parte I", in fondo, è proprio questo: un lento ed inesorabile sprofondare, un graduale assopimento realizzato con la più paludosa e stagnante fra le pecche cinematografiche, la noia. Ed a visione conclusa, pensando anche a quanto poco da offrire aveva la prima parte di questo ultimo capitolo della saga, parlando naturalmente del romanzo, dal punto di vista narrativo, sorgono sempre più dubbi sullo smezzamento in due film separati e distinti: ma era davvero necessario?

Due ore e passa di vuoti, di tentativi maldestri, di sbadigli. Facendosi scudo con la scusante della fedeltà e della precisione, e speculando quindi sul portafogli di chi paga al cinema con moneta sonante, gli autori provano ad inculcare allo spettatore un prodotto che non sa di nulla, che non ha odore, che non è vivo. Uno smembramento grossolano e frettoloso, come un mosaico i cui tasselli, poco a poco, vengono via staccandosi dalla base su cui son stati poco attentamente incollati, e rovinando goffamente a terra.

E tecnicamente forse, ponendo il discorso in maniera metaforica, possiamo dire che è questo ciò in cui il film maggiormente difetta: non la fedeltà intermittente all'immagine iniziale, non la scelta del colore che ricalca solo a grandi linee la controparte originale. Ma il collante: ciò che tiene, o meglio, dovrebbe tenere unito ogni piccolo tassello alla propria base. Ed effettivamente "Harry Potter e i Doni della Morte - Parte I" sembra, più che un film, un miscuglio di scene messe insieme a casaccio, prive di quelle fondamenta e di quell'unione che dovrebbero caratterizzarle e tenerle in vita, accendendole di passione, lucidità ed energia.

Invece, ci troviamo di fronte ad una realizzazione opaca, spenta, velata da un sottile strato di polvere. Ogni scena, pur riuscendo spesso a trovare il proprio riferimento, pur se frettoloso, al romanzo della Rowling, resta fine a sé stessa autoincatenandosi ed incrinandosi da sola, impedendosi così la possibilità di legarsi con le altre scene e di garantire quella fluidità e quella scorrevolezza delle quali la trama avrebbe disperatamente bisogno.
Proprio questa grave assenza, la mancanza di un qualcosa che saldi le varie parti in cui il film è strutturato, è l'elemento gravoso che mina, e piuttosto seriamente, alle fondamenta stesse della pellicola: non una spiegazione, non un attimo di tregua, si salta nervosamente da una parte all'altra della storia senza concedere la possibilità di ragionare e di metabolizzare ciò che di comunque scarso, dal punto di vista dell'azione, è appena successo. Chi recepisce il film, malgrado tutto, si ritrova distaccato e poco coinvolto, come un vago sentore di apatia che annebbia la mente ed irretisce i sensi.

Nondimeno, le scene stesse, prese singolarmente, sembrano svuotate ed insecchite come un limone spremuto fino all'ultima goccia della propria linfa. Succubi di noia e, peggio ancora, orfane di quel pathos del quale, invece, dovrebbero essere totalmente permeate, trovano un compimento solo parziale, una mezza realizzazione. Se da una parte, infatti, riescono a seguire fedelmente, pur inciampando qua e là, la propria controparte cartacea, dall'altra manca quasi totalmente quella carica emotiva che dovrebbe innalzarne i contenuti, le tematiche, l'espressione stessa con la quale si raggiunge lo spettatore. E invece, nella dimenticanza e nell'oblio di questo aspetto che, viceversa, dovrebbe essere fondamentale, il film si trascina stancamente avanti, in una lugubre giostra di effetti speciali che piacciono ma non risolvono, di dialoghi che intrattengono ma non convincono, e di una trama che, già sbilenca di suo, viene tappezzata alla meno peggio per tentare di rimediare agli errori ed all'incompetenza delle quali, nei due film precedenti, gli autori hanno colpevolmente abusato. Non meravigliatevi quindi, ad esempio, di vedere personaggi che, mentre in realtà già in passato avrebbero dovuto avere ruoli di un certo rilievo, qui d'improvviso si presentano all'ignaro protagonista sfoggiando cicatrici, curriculum tutt'altro che raccomandabili, pesanti eredità e tutta una serie di peculiarità che ne caratterizzano, in maniera fin troppo esplicita e semplificata, l'aspetto psicologico e comportamentale. Una semplice parvenza, una mera illusione di relazioni interpersonali, che spesso e volentieri appaiono troppo timide e raffreddate.

In tutto questo, non aiutano né gli attori né le modalità con le quali vengono sintetizzati i pochi temi posti dalla pellicola. Aspetti che si avvicendano e che diventano uno conseguenza dell'altro, perché se è vero che, nell'immensità del cast, il tutto è incentrato quasi esclusivamente su un trio di interpreti che, messi insieme, a stento realizzano un solo attore realmente capace di espressività recitativa, è anche vero che i vari personaggi vengono sviluppati in maniera eccessivamente affrettata, accompagnati da una colonna sonora grigia che non riesce in alcun modo ad entrare nel cuore e nell'animo di chi ascolta, non riuscendo quindi ad essere di alcun aiuto al campo visivo.

E così anche le tematiche del film finiscono, nonostante tutto, per essere ridicolizzate e surreali, decadendo in quella che all'occhio sembra una brutta copia, quasi una parodia: se, come già detto, quelli che dovrebbero essere paura, tensione, narvosismo, involvono in un senso di noia dalla sequenza velocizzata ed inconcludente, e mantenendo quindi un ritmo mai realmente incalzante e mai costante, c'è qualcosa di terribilmente caricaturistico e strafottente nella delicata tematica della morte. Se quella della civetta Edvige viene ricostruita tentando di diventare eroica, mentre invece finisce per essere inconcreta ed incoerente, e se quella di Malocchio non viene addirittura sentita, passando come un accadimento di poco conto senza avere il benché minimo rilievo, c'è qualcosa di ancor più grottesco nella triste fine di Dobby. Perché vedere un personaggio che, nel momento catartico di massima tensione e di massimo pericolo, anziché mettersi in salvo nel momento giusto e con tutto il tempo possibile a disposizione, si esprime in un monologo insulso che ne causa la scomparsa prematura, è qualcosa di davvero deprimente che si vede solo nei film di quart'ordine.
Peggio ancora, nel senso di nervosismo crescente che invade i tre protagonisti, alla ricerca di oggetti che non vengono mai esplicitati con la dovuta chiarezza, che non ottengono mai quella luce e quell'attenzione di cui avrebbero enorme bisogno (ed a tal proposito, sembra riproporsi lo stesso problema già incontrato con la versione cinematografica de "Il principe mezzosangue": perché un qualcosa che all'interno della storia trova lo spazio di una manciata di minuti dà il titolo al film stesso?), troviamo un'influenza troppo adolescenziale/moderna, troppo twilightiana. Insensati alcuni momenti di fan service aggiunti liberamente ad una sceneggiatura che, invece, vorrebbe spostare le proprie attenzioni verso ciò che di effettivamente quest'opera dovrebbe trasmettere di importante. È così, ad esempio, che vengono spazzate via settimane e settimane di studi e preparativi all'assalto al Ministero, avvenuto in maniera improvvisa e rocambolesca e senza un piano preciso. Per non parlare dei filler: balletti inventati del tutto fuori luogo, dialoghi sensa senso e zip che si alzano e si abbassano.

Di contro, vanno elogiate la scena iniziale, l'unica forse effettivamente suggestiva di tutto il film, e soprattutto la sequenza d'animazione volta ad introdurre i Doni della Morte, ottima invenzione grafica e narrativa. Per il resto, guardando soprattutto al pessimo capitolo precedente, non si può che parlare di un timido passo in avanti, pur non soprassedendo sulle tante piccole imperfezioni delle quali, inevitabilmente, soffre la storia. E qui ci si pone nuovamente la domanda iniziale: ma visti i risultati, era davvero necessario dividerlo in due parti?

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1

La foto della settimana

Per cominciare bene la settimana...
La foto di un negozio famosissimo di Roma!

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3

Segnalazione: Sailor Moon - Naoko Takeuchi

Si è fatta attendere a lungo, ma alla fine la guerriera che veste alla marinara è tornata con una bella ristampa fatta con tutti i crismi del caso.
Sailor Moon sta agli anni '90, come Candy Candy sta agli anni '80 e le Winx al primo decennio del terzo millennio.

Questo primo volume è (ovviamente) introduttivo, senza fronzoli, e allo stesso tempo è quasi interamente dedicato all'azione. La lettura è leggera, "simpatica", anche se l'introspezione e l'approfondimento psicologico dei personaggi è pressochè assente, e i disegni sono abbastanza bruttini (diciamocelo: la Takeuchi non sa disegnare un granchè bene).

Un buon intrattenimento, comunque!
E poi le guerriere Sailor, sono le guerriere Sailor!

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2

Il contraddittorio sulla verità


Quello di Saviano a "Vieni via con me" è stato un monologo impegnato e complesso, ma di facilissima comprensione.

Il giornalista e scrittore napoletano non ha fatto altro che mostrare il modus agendi della 'ndrangheta, narrando le origini "mitologiche" che accomunano le tre grandi "Mafie" (Cosa Nostra, Camorra e 'Ndrangheta), spiegando come si diventa picciotto, e dimostrando - con un filmato in cui si riprendeva un vertice 'ndranghetista tenutosi a 15 km da Milano e a cui erano presenti  i boss più importanti - che la 'ndrangheta ha come regione preferenziale dei suoi business, la Lombardia.

Fanno sorridere (per non dire che fanno proprio pena) i commenti dei rappresentanti del Governo e dello stato maggiore della Lega, che si dicono scandalizzati. Soprattutto, fa pena Maroni, che ha dichiarato che le parole di Saviano sono una "falsità", che al nord la Lega non interloquisce con mafiosi, e che per questo vuole il contraddittorio e il diritto di replica.

Ora, tenendo conto del fatto che Saviano ha raccontato fatti (e non opinioni) comprovati da numerosi processi, tenendo conto del fatto che è risaputo che la criminalità organizzata cerca ovviamente dei referenti nel mondo dell'imprenditoria e della politica (basti pensare ai mafiosi che hanno Roma come punto di riferimento, i camorristi che puntanto tutto sulll'area parmigiana - basta vedere dove sono infiltrati e dove hanno i migliori investimenti i casalesi -), non ci si dovrebbe nemmero stupire del fatto che la 'ndrangheta abbia interessi a Milano.

Ma Maroni vuole il contraddittorio e il diritto di replica a queste "accuse infamanti".

"Accuse infamanti" che proprio ieri sono state ribadite e confermate nientepopòdimenoche dal rapporto semestrale della DIA.

Bravo, Maroni!

Mi piacerebbe sapere che contraddittorio e che diritto di replica vorresti avere.
Vorresti forse fare il contraddittorio alla pura e semplice verità?

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Porco Rosso - Hayao Miyazaki

Porco Rosso è il miglior cacciatore di taglie dell'Adriatico. Tutti lo conoscono per le sue mirabolanti imprese, ed è inviso tanto ai pirati a cui dà la caccia, quanto alle autorità fasciste italiane, da cui è braccato.
Tuttavia, nel momento in cui i pirati chiameranno in loro aiuto l'americano Donald Curtis, assegnandogli il compito di abbattere l'odiato suino volante, le cose per Porco Rosso cambieranno drasticamente...

Si è fatto attendere per quasi vent'anni, ma alla fine, Maiale e Monoplano rosso sono atterrati anche nei cinema italiani.

Il capolavoro di Miyazaki (poichè di capolavoro si tratta, e non lo si può chiamare in nessun altra maniera) è un inno alla gioia di vivere e alla libertà più sfrenata.

Assieme al suo aereoplano, Porco Rosso è l'incarnazione vivente dello spirito libero.
La sua concezione della vita appare subito chiara: "Un maiale che non vola è solo un maiale", così come appare subito chiaro il suo stile di vita; il Maiale antropomorfo terrore dei pirati non ha una casa (se non un rifugio in un isolotto dell'Adriatico), non vuole avere una Patria (se non l'immensità del cielo), nè amici (se non il suo aereo), nè una storia d'amore con la donna che ama, nè "caporali" o regole a cui obbedire (eccetto quelle imposte dal codice d'onore).

"Piuttosto che diventare fascista, preferisco rimanere un maiale", risponderà Porco Rosso all'ex commilitone Ferrarin, che gli aveva chiesto di tornare in aviazione.
Una frase semplice, lapidaria, efficacissima, che racchiude in sè tutta la filosofia del personaggio, tutto lo spirito della pellicola e tutto l'amore per la libertà del regista nipponico.

Da vedere. Assolutamente da vedere.

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6

Comunista!

Perchè ormai la parola "comunista" non indica più un certo tipo di ideologia, o di appartenenza a un orientamento politico ben preciso, ma è accomunata al più spregevole degli insulti.

Dire (e dare) del "comunista" a qualcuno è come dire "stronzo" o "figlio di puttana"...

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5

La cena dei cretini

La nuova moda parigina della cosiddetta "società bene", è quella di organizzare, una volta a settimana, una cena, dove ogni partecipante deve portare con sè una persona stupida o fissata con argomenti strambi - un "cretino", per l'appunto -, in modo da poterne ridere per tutta la serata.

Anche l'editore Pierre Brochant è un assiduo frequentatore della famigerata cena, e per quella nuova ha individuato il prossimo "cretino": si tratta di François Pignon, un impiegato dell'Agenzia delle Entrate con la fissa di creare modellini di statue, ponti, palazzi e monumenti con i fiammiferi.

Ma dal momento in cui Pignon entrerà nella vita di Brochant, l'editore comincerà a "subire" una serie di eventi catastrofici che cambieranno totalmente la sua vita...

Ispirato a una pièce teatrale di successo, La cena dei cretini, quantunque sia quasi più un mediometraggio che un film vero e proprio (dura poco più di un'ora) è una pellicola GENIALE. La storia, per quanto semplice, è assolutamente coinvolgente; le situazioni presentate, anche se verosimili, sono al limite dell'assurdo (merito del "cretino", ovviamente); e le battute, bellissime, divertentissime e intelligenti, sono folgoranti.

Erano anni che non ridevo così a crepapelle.
Se vi capita sottomano, non fatevelo sfuggire...

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1

Decalogo sui comportamenti da tenere in un paese deleghistizzato

Continua la settimana "culturale" su "Il Viagra della Mente".

Oggi vi propongo il Decalogo sui comportamenti da tenere in un paese deleghistizzato, stilato da Giovanni Manoccio, sindato di Acquaformosa, un comune calabrese "deleghistizzato".
Perchè il nostro Paese, nonostante tutto, è uno e indivisibile...

Decalogo sui comportamenti da tenere in un paese deleghistizzato

Nel nostro paese non togliamo le panchine per gli immigrati, anzi le dotiamo di cuscini.
(cit.Gentilini)

Nel nostro paese non disinfettiamo i luoghi dove vivono gli immigrati: i nostri luoghi sono puliti naturalmente.(cit.Borghezio)

Nel nostro paese è vietato scrivere “forza Etna” o “forza Vesuvio”: è consentito scrivere “fate l’amore e non la guerra”. (cit. Pontida)

Nel nostro paese è vietato fare gli esami di dialetto per l’insegnamento nelle scuole: basta l’esame di abilitazione Nazionale.

Nel nostro paese non sono ammesse le ronde: è consentito il libero passeggio e lo “struscio”

Nel nostro paese sono abolite le magliette con scritte offensive verso l’Islam: meglio essere nudi che cretini.(cit Calderoli).

Nel nostro paese non si possono cantare le canzoni che inneggiano alla “monezza” di Napoli: si può cantare “O’ sole mio”. (cit.Salvini)

Nel nostro paese non occorre affermare di avercelo duro: tutti lo sanno già.(Cit. Bossi)

Nel nostro paese non si può gridare “Roma Ladrona “: si può cantare “Roma capoccia”,(Cit.Maroni)

Nel nostro paese Alberto da Giussano è ritenuto un dilettante al cospetto del nostro Giorgio Castriota Skanderbergh.

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5

Continuiamo a parlare di Arte e Cultura...

Continuiamo a parlare di Arte, Cultura e patrimonio artistico italiano.

L'anno scorso, "Presa diretta" mandò in onda una delle sue puntate meglio riuscite intitolata Oro Buttato. Guardatela, se vi riesce (potete vederla cliccando QUI).

C'è da piangere.
Veramente.

La situazione del patrimonio artistico italiano è impietosa.
Il reporter, in giro nei luoghi artistici italiani (soprattutto quelli campani), rimane sbigottito, non tanto dalla bellezza dei luoghi d'arte, quanto dall'incuria, dalla trascuratezza e dallo stato di abbandono in cui versano certi patrimoni culturali.

La Reggia di Caserta è costretta a versare il 95% dei suoi introiti allo Stato. E con il 5% rimanente, riesce solamente a pagare la bolletta della luce.
Risultato: i giardini del Palazzo non ricevono cure e manutenzione, e la maggior parte delle stanze del Palazzo non possono essere visitate per mancanza di custodi e personale specializzato.

Pompei è un disastro. Secondo l'ex soprintendente Guzzo, per tenere l'antica città romana in una condizione "accettabile", servirebbero almeno 250 milioni di euro. Mentre la soprintendenza - che non riceve soldi dallo Stato e si autofinanzia - con i suoi 20 milioni di euro all'anno, deve arrangiarsi come può.
Risultato: le case di Pompei crollano, non è possibile accedere alla quasi totalità degli interni delle abitazioni, le teche contenenti i calchi dei fuggiaschi morti a causa dell'eruzione del Vesuvio sono vecchie e polverose, e i bellissimi dipinti, senza manutenzione e restauro, sono rovinati.

La Piscina Mirabilis, la più grande cisterna romana conosciuta al mondo (un complesso architettonico sotterraneo enorme e stupefacente, scavato interamente nel tufo) è chiusa. I turisti che vogliono visitarla, devono bussare a casa di una simpatica vecchietta che ha le chiavi del cancello. Se è di buon umore, le dà; altrimenti, manda a quel paese la gente - che bussa ad ogni ora del giorno per visitare la meraviglia sotterranea.

Il Museo situato all'interno del castello aragonese a Baia è stato dichiarato il miglior museo d'Italia. Al suo interno sono conservati reperti archeologici unici e importantissimi provenienti dall'area partenopea e da quella dei Campi Flegrei. Il museo, però, è chiuso. Apre solo una decina di volte l'anno, causa mancanza di fondi e di personale.

Ora, io sono fortunato.

Tutte queste meraviglie sono a un tiro di schioppo da casa mia, e ho potuto vederle con i miei occhi. La Piscina Mirabils è qualcosa che ti toglie il fiato. Avete presente il film de "Il signore degli Anelli", quando la Compagnia scende nelle miniere di Moria? Ecco, pensate a quello e avrete una pallida idea di come possa essere la Piscina Mirabilis.

Che ovviamente è chiusa, a meno che non capitiate nella giornata in cui la vecchietta è di buon umore.

L'incazzatura, poi, aumenta quando si fanno paragoni con l'estero.

Dopo aver elencato e mostrato tutte le nostre italiche meraviglie, Oro Buttato fa un salto in Francia, a Montpellier.

La cittadina è visitata annualmente da 2 milioni di persone e fa del turismo una delle sue principali attività lavorative ed economiche.

La cosa bella è che a Montpellier non c'è (fatemelo dire) UN CAZZO.
E' presente solo un Museo minuscolo, e un Parco Archeologico con 4 (e sottolineo 4) pietre in croce.
A differenza nostra, però, la cittadina francese ha fatto in modo di valorizzare il poco che ha, creando alberghi, infrastrutture per facilitare le visite, punti di informazione ad ogni angolo della città, call center in tutte le lingue e servizi on-line facilissimi per prenotare la vacanza.

Questo perchè, da quelle parti, l'Arte e la Cultura contano.

Riporto di seguito l'elenco dei finanziamenti pubblici ad alcuni istituti di cultura europei nel 2010.

British Council (Gran Bretana): 220 milioni di euro;
Goethe Institut (Germania): 218 milioni di euro;
Instituto Cervantes (Spagna): 90 milioni di euro;
Instituto Camoes (Portogallo): 13 milioni di euro;
Alliance Française (Francia): 10,6 milioni di euro;
Società Dante Alighieri (Italia): 1,2 milioni euro. Che diventeranno 600 mila euro l'anno prossimo...

E questo invece è l'elenco delle dichiarazioni dei ministri della Cultura Europei in merito ai tagli alla cultura.

E' proprio in tempi di crisi che si deve lottare per non fare tagli alla cultura perché è il valore e il fondamento che dobbiamo mantenere
Bernd Neumann, Germania

La cultura è una risorsa, un aiuto all'orientamento. E io lavoro perché lo sia sempre di più.
Frédéric Mitterrand, Francia

Lo stimolo alle industrie culturali è cruciale per l’uscita dalla crisi se si tiene conto che la cultura fornisce il 4 per cento del pil spagnolo e dà lavoro a più di 800 mila persone
Angeles Gonzales-Sinde, Spagna

Non vado a chiedere l’elemosina a Tremonti”.
Sandro Bondi, ministro italiano della Cultura

Fatevi un bel panino con la Divina Commedia”.
Giulio Tremonti, ministro dell’economia

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3

La foto della settimana: Vulimm 'a munnezz'!

"Entro 3 giorni l'emergenza rifiuti passerà!" dal Vangelo secondo Guido Bertolaso.

A Gabriele però, che ha scattato queste due foto dalla finestra di casa sua in pieno centro a Napoli, sembra che la spazzatura, dopo i tre giorni, sia risorta dalle ceneri, più forte di prima...
E in maniera più silente visto che il problema è taciuto...E i napoletani navigano nella munnezza ormai ogni giorno...

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3

La Cultura...

...arricchisce sempre, è contro la volgarità e permette di distinguere tra bene e male; è lo strumento per giudicare chi ci governa ed è libertà, di espressione e parola.
Con la cultura si sconfigge il disagio sociale delle persone perché è riscatto dalla povertà; è un bene comune e primario, come l'acqua.
Ed è come la vita.
E la vita è bella.

Claudio Abbado

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4

Il crollo

Il crollo della cosiddetta "Scuola dei Gladiatori" a Pompei rispecchia alla perfezione ciò che sta succedendo nel nostro Paese.

Un Paese in rovina e alla deriva, piena di crepe e fenditure, dove il sistema cerca di puntellare e tirare alla giornata, senza ristrutturare e rimodernare nulla, ma lasciando tutto nell'indifferenza e nell'incuria generale.

Perchè gli interessi - i veri interessi - sono sempre "altri"...

L'Italia è (forse) l'unica nazione del mondo che, se volesse, potrebbe campare unicamente di cultura, arte e turismo. Ma la cultura viene snobbata, l'arte dimenticata e per quanto riguarda il turismo...meglio tacere.

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Vaffanculo alla maggioranza!

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Segnalazione: Bagliori da Fomalhaut - Alex Girola

Che fine ha fatto Simone Tasca, fotografo milanese specializzato in shooting gotici e decandenti? Forse il suo destino è legato alla ricerca di un misterioso monastero abbandonato, situato nel comasco: San Settentrio in Boccadipesce. Peccato che nessuno - o quasi - sia in grado di localizzare questo luogo, come se il tempo e la superstizione popolare se lo fossero portati via per sempre. Ma Lia e Max non sono disposti ad arrendersi facilmente. Così le indagini sull'amico scomparso hanno inizio, tra antiche leggende e ben più concreti pericoli posti sulla loro strada.

Quando sono in una fase dubitativa sul prossimo libro da leggere, ecco che, nemmeno a farlo apposta, Alessandro Girola tira fuori un altro dei suoi eBook e mi toglie dai guai.

Bagliori da Fomalhaut è un racconto di media lunghezza, il cui obiettivo principale si rivela subito per quello che è: il divertimento. E' un racconto che punta all'intrattenimento puro e semplice e che si fa leggere con piacere, dove però traspare non solo l'interesse dell'autore verso certi argomenti - chi segue Il blog sull'orlo del mondo, sa bene che Alex si trova a suo agio con ghost-town, misteri, occultismo, horror et similia, e in questo racconto si ritrovano molti degli argomenti trattati sul blog - ma anche  un accurato lavoro di documentazione (non ho idea se San Settentrio esista davvero, ma non è affatto inverosimile come monastero).
Poi, se sono presenti dei simpatici monaci, io non so dire di no.
Reminiscenze da "Il nome della Rosa"?

Potete scaricare il racconto QUI.
Buona lettura!

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Monster - Naoki Urasawa

Düsseldorf, 1986.
Il giovane e brillante neurochirurgo giapponese Kenzo Tenma salva un bambino di nome Johan da morte certa, contravvenendo così agli ordini dati dal primario di chirurgia che davano la precedenza di operare il sindaco della città in fin di vita e precludendosi così la possibilità di fare carriera all'interno del mondo accademico.

Pochi giorni dopo l'operazione, all'interno dell'ospedale dove Tenma lavora ormai come medico di base, il primario di chirurgia e i due medici con cui Tenma era entrato in conflitto a causa della mancata operazione al sindaco, vengono uccisi.

Tenma, ormai senza "ostacoli", riesce così a far carriera e a diventare uno dei più importanti neurochirurghi a livello internazionale; tuttavia passati nove anni, il neurochirurgo sarà indagato come maggiore sospettato per gli omicidi sopra citati, e sulle sue tracce si metterà l'ispettore di polizia Lunge (un personaggio geniale che per certi versi ricorda l'ispettore Javert de "I miserabili" di Victor Hugo).

Il bello è che l'assassino si rivela essere Johan, il bimbo che Tenma aveva salvato e che ora è cresciuto: per un caso "fortuito", Tenma assiste a uno degli omicidi perpetrati da Johan, e dilaniato dagli scrupoli di coscienza, decide di lasciarsi alle spalle il lavoro e gli amici per catturarlo e ucciderlo, in modo da rimediare all'errore fatto nove anni prima e scagionarsi da tutte le accuse nei suoi confronti...

I manga di Naoki Urasawa non sono semplice intrattenimento.
Il maestro nipponico, in ognuna delle sue opere, è capace di dare una tale profondità e trimensionalità ai suo personaggi, e una tale complessità alle trame che i suoi lavori, se fossero dei romanzi veri e propri o delle pellicole cinematografiche, sarebbero acclamati dei capolavori assoluti (non che i suoi manga non lo siano, beninteso. Anzi...).

Monster non fa eccezione.
E' un manga adulto, non adatto a chi cerca solamente un paio d'ore di svago o divertimento (il volume in formato Deluxe proposto dalla Planet Manga - e in uscita in questi giorni - consta di ben 400 pagine fitte di dialoghi serrati e intelligentissimi).

E' un'opera a metà strada tra il thriller e il poliziesco, dove Urasawa sta ben attento non solo a tratteggiare psicologicamente ognuno dei personaggi principali e secondari, ma anche a intrecciare alla perfezione tutti i personaggi con le trame e le sottotrame, creando così una storia e un intreccio intricato e affascinante.

Un capolavoro, complesso e intelligente.
Se volete leggere qualcosa di veramente, ma veramente eccellente (e adulto) di produzione nipponica che non "scada" nel solito shonen di combattimento, Monster fa proprio al caso vostro.

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Matrimonio in crisi

Un piccolo video che riassume, in breve e in modo simpatico, la Storia del nostro Paese...

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4

Marvel Noir - Spiderman: Occhi senza un volto

Peter Parker/Spiderman ha sempre avuto per me l'interesse di un calcio nel sedere.
Mi piace il design del suo costume (che è veramente, ma veramente figo), ma per il resto il personaggio lo trovo odioso e borioso, soprattutto per via di quelle battutine inutili che spara ogni 3/4 giusto per accattivarsi le simpatie del lettore.

Senza contare che la sua creazione "in quanto personaggio" l'ho trovata una furbata pazzesca da parte di Stan Lee e soci. Me li immagino seduti attorno a un tavolo a confabulare: "Ci serve un nuovo supereroe! Come facciamo? Prendiamo i due più famosi. Superman e Batman...Da Superman prendiamo i colori del costume, da Batman il modus agendi da vigilante. Però non dobbiamo farlo uguale uguale a Batman. A questo nuovo supereroe dobbiamo dargli un trauma, ma meno traumatico di quello di Batman. E dato che Batman è antipatico, scontroso ed estremamente misantropo, questo lo dobbiamo fare simpatico, e con una vita sociale altamente incasinata."

Anche i nemici di Spiderman - fatta eccezione per Venom, Carnage e Doc Octopus - mi sono sempre stati altamente sugli zebedei.
Ma d'altronde, com'è che si dice?

De gustibus non disputandum est.

Detto ciò, dopo essermi attirato tutte le peggiori antipatie da parte dei fan del celeberrimo Arrampicamuri (se Paolone mi sta leggendo, probabilmente o mi avrà buttato addosso le peggio maledizioni o sarà impegnato in una macumba improvvisata nei miei confronti), ammetto che questo Spiderman: Occhi senza un volto, mi ha riconciliato con Peter Parker e il suo alter ego.

La graphic novel è molto buona, autoconclusiva, si fa leggere e tiene costantemente alta la tensione narrativa.

E soprattutto, Spiderman è un figo e non fa battutine squallide.

La storia è ambientata nell'America degli anni '30.
La Depressione si fa sentire, le strade sono piene di disoccupati e disperati, e in città, dopo la caduta di Norman Osborn alias "Il Goblin" sì è creato un vuoto di potere ai vertici della Malavita.
Vertice che, a quanto pare, adesso è stato occupato da un fantomatico "Signore del Crimine", capace di intimorire tanto la polizia quanto l'intera malavita con le sue attività criminali.
Questa è la cornice della vicenda che Spiderman sarà chiamato a risolvere. Perchè il vero problema, non è tanto il Signore del Crimine, quanto la sparizione di un numero altissimo di persone di colore dai vari quartieri della città.

Chi c'è dietro queste sparizioni?
Come e perchè avvengono?

A voi lettori il compito di scoprirlo, leggendo questo buonissimo albo sceneggiato da Hine&Sapolwsky, e disegnato dall'eccellentissimo Carmine Di Giandomenico.

- segna, Valentino! Segna! -

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