A cura di Raffaele "El Rafko" Sergi
E dopo averlo finalmente visto, non poteva mancare la mia piccola recensione. Era forse il film che più attendevo da due anni, e sebbene da un lato le mie aspettative sono state tradite, dall'altro posso ritenerlo abbastanza soddisfacente e senz'altro godibile.
Certo, prima di spendere qualunque parola in merito, esiste il dovere di ricordare che la trama di questo film è tratta da un libro di circa 800 pagine. E comprimere una mole così ampia di avvenimenti, intrecci, sensazioni e sentimenti in appena 150 minuti di tempo, è un'impresa ardua a priori per chiunque.
Però, proprio per questo motivo vale anche la pena aggiungere che un film del genere è una questione di priorità. E nell'apportare tagli e piccoli stravolgimenti qua e là, sicuramente Yates e soci hanno commesso diversi errori e scelte discutibili, anche in vista dei due capitoli successivi, che poi saranno quelli finali della saga.
Probabilmente, chi guarda il film senza prima aver letto il romanzo della Rowling, che per quanto transitorio resta forse il migliore, non coglierà diverse sfumature nonché molte mancanze più o meno importanti. Ma alcune incongruenze risaltano all'occhio in maniera persino troppo evidente, facendo storcere il naso anche ai meno esperti.
Il tema principale attorno al quale questo sesto episodio ruota, e che ricoprirà un ruolo a dir poco fondamentale nel proseguio della storia, viene appena accennato e trattato in maniera del tutto superficiale e mai approfondito come invece meriterebbe e converrebbe. E tale scelta, indubbiamente, implica uno stravolgimento forse ancor più pesante e discutibile nel capitolo finale della saga, suddiviso in "Harry Potter e i doni della morte - parte I" e "Harry Potter e i doni della morte - parte II". E la vera impresa per Yates e gli altri componenti del cast arriverà lì, poiché avendo suddiviso l'ultimo capitolo in due parti, ufficialmente per non tralasciare nulla di importante della storia (anche se invece sappiamo bene che si tratta dell'ultimo blando tentativo di totalizzare degli incassi da record), avranno il dovere di non tradire le aspettative e di non modificare troppo la trama originale, anche per evitare ulteriori incongruenze.
La storia, nonostante venga amputata di alcune sue parti piuttosto rilevanti, non risulta noiosa e riesce anzi a passare molto velocemente. Questo è un apprezzabile pregio e contemporaneamente un grave difetto: da un canto, lo spettatore segue il film senza stancarsene e riuscendo anche a divertirsi, seppur per pochi tratti; d'altra parte, però, poco di ciò che si vede sopravvive nella memoria di chi osserva, seppur con attenzione, lo svolgersi degli eventi. Le varie scene sembrano quasi accostate le une alle altre senza esser mai collegate da un filo conduttore, come se fra di esse mancasse un nesso logico a dare un senso a tutto, come se intercorresse un vuoto ad ogni cambio di parte. Ed è questo un fattore probabilmente non determinante ma sicuramente nemmeno tanto superficiale da meritare di essere omesso quasi del tutto, dato che, a dispetto di una fotografia molto cupa ed elegante, la composizione risulta essere estremamente rozza e storpiata. Ed in tutto ciò non aiutano le musiche, talvolta soporifere, del pur bravo Nicholas Hooper, che perde nettamente il confronto col leggendario John Williams, il gran compositore che aveva curato la parte sonora dei primi tre episodi.
Anche la questione del principe mezzosangue, il quale tra l'altro dà il nome al film stesso, e che nel romanzo è l'ingranaggio che fornisce mistero e fascino all'intera storia, viene resa praticamente superflua ed evanescente, passando in secondo piano se non addirittura in terzo, per lasciar spazio ad avvenimenti sicuramente meno rilevanti come le varie storielle d'amore che si sviluppano all'interno di Hogwarts.
Ed anche il tema amoroso, nonostante l'ampio spazio concessogli, risulta inconcludente e mal sviluppato. Mai palesato agli altri l'interesse reciproco latente tra Harry e Ginny, perfino troppo evidente ed esasperata la gelosia di Hermione, mentre è esagerata al punto giusto la storia tra Ron e Lavanda, sebbene decisamente mal gestita.
L'interpretazione generale del cast oscilla attorno alla sufficienza: impacciato ed imbarazzante il solito Radcliffe, nei panni di un protagonista, Harry, che non convince mai del tutto, a tratti inespressivo ma quantomeno in miglioramento rispetto ai precedenti episodi. Il duo Watson-Grint tenta di fornire una prestazione di buon livello, ma così come non convince la puerile gelosia che tiene incatenata Hermione per buona parte del film, allo stesso modo il personaggio di Ron sembra una costruzione sbilenca ed insicura, e si allontana dagli avvenimenti principali della trama e dalla storia stessa, diventando quasi un estraneo agli occhi dello spettatore.
Il professor Lumacorno del premio Oscar Jim Broadbent, new entry del cast harrypotteriano, appare forse un pò troppo insicuro, debole, e talvolta forzato, una sorta di mini-parodia della sua ben riuscita controparte letteraria.
Discreto Tom Felton che riesce ad esprimere il tormento interiore e la disperazione di Draco, seppur non sempre trova i giusti equilibri tra gli estremi di questa esasperazione, ed apprezzabile anche la dolcezza trasmessa dal personaggio di Ginny, interpretata da una brava e bella Bonnie Wright.
Molto convincenti seppur brevi le interpretazioni di Evanna Lynch, una sognante e "lunatica" Luna Lovegood, e di Helena Bonham Carter nei panni di una Bellatrix Lestrange che emette follia e perfidia da tutti i pori. Jessie Cave, altra new entry di breve durata, ci regala una Lavanda che resterà nella storia della saga cinematografica come uno dei personaggi più odiosi e meglio riusciti, mentre altrettanto non si può dire del Cormac McLaggen di Freddie Stroma, bellimbusto dalle dubbie capacità recitative che nulla ha a che vedere con la sua controparte letteraria.
Lucido e glaciale come al solito il Severus Piton di Alan Rickman, purtroppo usato col contagocce, e completamente sprecati e mal gestiti grandi interpreti del calibro di Maggie Smith (la professoressa McGranitt), Julie Walters (Molly Weasley), David Thewlis (Remus Lupin), Robbie Coltrane (Rubeus Hagrid) e Natalia Tena (Ninfadora Tonks). Ridotti praticamente ad un cameo i talentuosi gemelli Phelps (Fred & George Weasley), Matthew Lewis (Neville Paciock), Mark Williams (Arthur Weasley) e Timothy Spall (Peter Minus). Un piccolo elogio va fatto a Frank Dillane, la cui seducente glacialità riesce a descrivere molto bene quello che era il Tom Riddle sedicenne, e soprattutto a Hero Fiennes-Tiffin che, seppur per una manciata di minuti, riesce a gestire un personaggio non semplice come Lord Voldemort bambino, facendo trasparire da subito le sensazioni del personaggio con una mimica facciale perfetta.
Ma la palma d'oro alla miglior interpretazione va certamente a Michael Gambon, che riesce a donarci un Albus Silente in gran spolvero. Tenuto palesetemente a freno dagli autori per dar spazio ai giovani protagonisti, la sua presenza è l'unico elemento di tutto il film che riesce a trasmetterci drammaticità, serietà, ed un minimo di tensione, smontando pezzo per pezzo uno dei più grandi personaggi delle saghe fantasy di tutti i tempi e ricomponendolo da capo in una maniera ancora mai vista, sotto il profilo della storia. Particolarmente intensa è la sua interpretazione all'interno della grotta, che probabilmente è la scena migliore del film, in cui ammiriamo, per la prima volta, un Silente che scende dal piedistallo degli dei per precipitare fragorosamente nella più bassa terra umana, con tutti i suoi limiti e le sue debolezze.
Non dispiace il finale aperto, sebbene la realizzazione lascia un pò a desiderare per le ultimissime scene. Decisamente migliore il malinconico e triste inizio che si ricollega alla fine del quinto film, per poi proseguire con l'illusiva ma spettacolare scena della distruzione del Millennium Bridge. Gli effetti speciali sono, come per i capitoli precedenti, ancora una volta magnifici, ma vengono utilizzati in maniera minore e misurata, e perdono il confronto sia con "L'ordine della fenice" che con "Il calice di fuoco".
Deludente il doppiaggio italiano. In particolare, non convince l'accostamento di Carlo Valli (il doppiatore principale di Robin Williams, per intenderci) a Jim Broadbent, andando a rendere ancor meno apprezzabile il personaggio di Horace Lumacorno già non perfettamente riuscito. Ma anche gran parte degli altri doppiatori talvolta fatica nel rendere la giusta impressione, nel forgiare il giusto timbro alla voce dei vari interpreti.
Nel complesso posso dirmi relativamente compiaciuto. Temevo che il film mi avrebbe deluso enormemente, ed invece, seppur orfano di tensione, combattimenti, scene importanti, personaggi assortiti o altro ancora, non è affatto male. Lo ritengo sicuramente migliore del precedente (salvo il combattimento fra Silente e Voldemort che ha rappresentato i 5 minuti migliori di tutto l'Harry Potter cinematografico) e de "Il prigioniero di Azkaban", e forse se la gioca alla pari anche con "Il calice di fuoco". Lo consiglio spassionatamente.
Continua a farti del male...