Leggi il saggio gratis!
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50000 e non sentirli

Oggi Il Viagra della Mente raggiunge quota 50000 visite.
Mi rendo conto che non sono nulla ma...è un piccolissimo traguardo che comunque mi preme festeggiare. D'altronde, come disse il saggio: "E' un piccolo passo per la blogosfera, ma un grande balzo per Il Viagra della Mente!"

Grazie a tutti voi che leggete e vi soffermate su questi lidi!

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Wikileaks: ovvero della scoperta dell'acqua calda

Berlusconi portavoce di Putin all'interno della UE.

Incapace, vanitoso e inefficace come leader europeo moderno.

Le feste selvagge di Berlusconi.

Sono queste le maggiori "indiscrezioni" e i pensieri dei grandi paesi del mondo nei confronti del nostro beneamato premier Silvio Berlusconi.

D'altronde in questi giorni non s'è parlato d'altro.

"Wikileaks renderà pubblici oltre 2 milioni di documenti, che sono destinati a destabilizzare le diplomazie di tutto il mondo poichè al loro interno sono contenuti dossier segretissimi e compromettenti".

Ma ora vi domando: c'era bisogno di Wikileaks per sapere che anche gli altri Paesi del mondo SANNO che Berlusconi è un malato sessuale che tiene all'amicizia di Putin perchè sotto sotto gli piacerebbe fare come fa lui qui in Italia?

No perchè noi italiani queste cose le sappiamo da tempo. Non c'era bisogno dei dossier delle diplomazie internazionali e di quelli dei servizi segreti per scoprire l'acqua calda...

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Erba (telefilmica) di casa nostra

Se si fa un giretto sulla blogosfera e sui portali dedicati ai telefilm, avrete sicuramente notato come si osannino sempre e comunque serie tv americane e straniere.
Si sprecano lodi a prodotti come "The Walking Dead", "Boardwalk Empire" o "Dexter" perchè effettivamente sono serie di qualità che puntano (e in certi casi rasentano) l'eccellenza e la perfezione.

Tutt'altro discorso per quanto riguarda le produzioni italiane.
Solita robaccia, telefilm noiosi dai buoni sentimenti con famigliole pseuso(in)felici utili solo per intrattenere l'italiota medio dalla media cultura, e cose del genere.

Poi però ci sono le eccezioni.
E ti rendi conto che se si investisse di più in queste eccezioni, anche noi non sfigureremmo a livello internazionale.

In questi ultimi anni, ci sono ben tre telefilm che si sono distinti e sollevati dal ciarpame telefilmico italico privo di idee.

Boris è l'esempio perfetto di come un telefilm incentrato sul politicamente scorretto possa sfondare anche da noi. Sarà perchè il cast è ben amalgamato e vede la presenza di buonissimi attori e un mostro sacro come Pannofino; sarà perchè mostra con ironia e battute folgoranti il mondo che si cela dietro una produzione telefilmica "trash", dove il regista pluripremiato è costretto a girare "monnezza" perchè al momento non si trova di meglio, lo stagista viene sfruttato e non pagato, e gli attori principali vengono scelti in quanto "figli di" o "protetti politicamente da"; sarà perchè una puntata dura il giusto (circa 20 minuti) e non stanca, ma la serie funziona, intrattiene e fa pensare.
Funziona, trattiene e fa pensare talmente tanto che non si può mandarla in chiaro, perchè la serie è "difficile e per pochi".

Romanzo Criminale è la dimostrazione di come si possa fare "cinema" con un telefilm e si possa raccontare una storia di ampio respiro. E', in piccolo, l'equivalente dello strabiliante Boadwalk Empires. La regia è perfetta, la fotografia è ottima, la colonna sonora è da paura e il cast è azzeccatissimo (decisamente di più rispetto a quello del film di Michele Placido e più fedele nell'aspetto fisico ai personaggi del romanzo di De Cataldo). Ci sono voluti ben 2 anni per vedere la seconda stagione (attualmente in corso), ma l'attesa ha premiato le aspettative.
Purtroppo, a quanto pare, non ci sarà la terza stagione (che chiuderebbe la narrazione), dato che la serie solleva un cumulo di critiche e problematiche stupide del tipo: "Il telefilm osanna, santifica e mitizza dei criminali che uccidevano". Come se una persona sana di mente non sapesse distinguere tra bene e male.
Ad ogni modo, io sono fiducioso: così com'era stato annunciato che non ci sarebbe stata s la seconda serie, è possibile che (non) si farà la terza.

L'ispettore Coliandro invece è l'esempio di come si possa intrattenere il pubblico con intelligenza, divertendolo e allo stesso tempo mostrandogli un poliziesco coi controcosiddetti, mai banale e ben costruito. Negli altri paesi del mondo, a uno come Lucarelli  farebbero scrivere 346467 puntate di Coliandro, e le affiderebbero tutte e 346467 ai bravissimi Manetti Bros, rinnovando la serie stagione dopo stagione. 

Da noi, no.
Nonostante il celeberrimo "braccio maldestro della legge" sia risultato il telefilm più visto su Rai 2 degli ultimi anni, riscuotendo un successo enorme proprio perchè era evidente che si trattava di un prodotto di qualità e non della solita baggianata italiota, la serie è stata prima dimezzata (passando da 4 a 2 puntate stagionali), e poi cancellata per mancanza di budget. Una roba squallidissima.

Ad ogni modo, a voi abituati a godere serie tv straniere, consiglio caldamente la visione di queste tre perle nazionali. Ne vale la pena.

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Piove!


Un video dedicato alla pioggia incessante di questi giorni...
Buona visione!

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Il primo libro non si scorda mai...

A casa sono sempre circolati libri e fumetti.
Non appena ho imparato a leggere, mia madre si premurava di farmi trovare un libricino o un fumettino sul letto, sul tavolo (e sulla tavolozza), in modo da spronarmi alla lettura.

Il primo libro (anzi, i primi 2 libri, chè me li regalarono insieme), però, non si scorda mai.

Le edizioni illustrate della Dami Editore dell'Iliade e dell'Odissea erano (e sono tutt'oggi) delle perle. Adattamenti in prosa dei poemi omerici fatti benissimo, divisi per canti, e corredati da illustrazioni bellissime che ti calavano completamente all'interno della storia.

Regalare una cosa del genere a un bimbo significa segnarlo a vita (e non è un caso se sono cresciuto con la fissa della mitologia e della Storia Antica). Ma d'altronde, come si fa a resistere a un intreccio come quello dell'Iliade e dell'Odissea, soprattutto se ad ogni pagina c'è il disegno stupendo che ti fa vedere quello che hai appena letto?

Le illustrazioni a pagine doppie degli scontri tra Achei e Troiani, quelle favolose dei duelli singoli (bellissima quella di Ettore contro Aiace Telamonio, o quella di Achille che sovrasta Ettore), oppure la nave di Odisseo che solca i mari in tempesta, o Polifemo accecato che scaglia il masso contro l'imbarcazione di "Nessuno", sono delle vere e proprie perle.

Tra l'altro, nel corso degli anni, la Dami Editore ha prodotto una serie di adattamenti di classici della letteratura, uno più bello dell'altro. Il migliore, forse, è quello della Divina Commedia, ma sono stupendi anche quello dell'Eneide, quello de I cavalieri della tavola rotonda e i due volumi sulla Mitologia Classica.
Molto particolari, invece, i libri a sfondo "storico", presentati sempre alla stessa maniera degli adattamenti. Bellissimo quello su Alessandro Magno, dove, arrivati alle battaglie principali, ci sono i prospetti tattico/strategici su come si sono svolte, oppure molto particolare quello su Annibale e Scipione: il volume è diviso in due metà (una per il condottiero cartaginese e una per il generale romano), e per passare da una parte all'altra si dove "capovolgere" il libro. La particolarità è che le storie di entrambi convergono al centro del libro, dove si narra di Zama e dove viene presentato il prospetto della battaglia.

Sono libri veramente bellissimi, ed è bello vedere che le librerie li vendano tutt'oggi. Così, se avete un bambino a cui fare un regalo "malvagio", sapete cosa comprare...

E voi? Qual è stato il vostro primo libro?

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Scusi, ma...Il contraddittorio?

Ovviamente non c'è.
Il contraddittorio tanto "decantato" da una certa parte politica non c'è mai, quand'è sconveniente.
Strano, perchè il nostro(?) beneamato(?) Presidente del Consiglio mi è sempre sembrata una persona saggia, equilibrata e pronta al dialogo...
Proprio come durante la (trecentosessantesima) telefonata a Ballarò di ieri sera.

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Harry Potter e i Doni della Morte - Parte 1

A cura di Raffaele "El Rafko" Sergi

Che non ci si lasci ingannare da quanto è stato fatto, nel bene e nel male, per addobbare ed abbellire la trappola: che si tratti di fiori, ghirlande, magie o lustrini, una sabbia mobile resta sempre una sabbia mobile, una diabolica macchinazione atta a tirar giù tutto e tutti senza alcuna distinzione.
Guardare "Harry Potter e i Doni della Morte - Parte I", in fondo, è proprio questo: un lento ed inesorabile sprofondare, un graduale assopimento realizzato con la più paludosa e stagnante fra le pecche cinematografiche, la noia. Ed a visione conclusa, pensando anche a quanto poco da offrire aveva la prima parte di questo ultimo capitolo della saga, parlando naturalmente del romanzo, dal punto di vista narrativo, sorgono sempre più dubbi sullo smezzamento in due film separati e distinti: ma era davvero necessario?

Due ore e passa di vuoti, di tentativi maldestri, di sbadigli. Facendosi scudo con la scusante della fedeltà e della precisione, e speculando quindi sul portafogli di chi paga al cinema con moneta sonante, gli autori provano ad inculcare allo spettatore un prodotto che non sa di nulla, che non ha odore, che non è vivo. Uno smembramento grossolano e frettoloso, come un mosaico i cui tasselli, poco a poco, vengono via staccandosi dalla base su cui son stati poco attentamente incollati, e rovinando goffamente a terra.

E tecnicamente forse, ponendo il discorso in maniera metaforica, possiamo dire che è questo ciò in cui il film maggiormente difetta: non la fedeltà intermittente all'immagine iniziale, non la scelta del colore che ricalca solo a grandi linee la controparte originale. Ma il collante: ciò che tiene, o meglio, dovrebbe tenere unito ogni piccolo tassello alla propria base. Ed effettivamente "Harry Potter e i Doni della Morte - Parte I" sembra, più che un film, un miscuglio di scene messe insieme a casaccio, prive di quelle fondamenta e di quell'unione che dovrebbero caratterizzarle e tenerle in vita, accendendole di passione, lucidità ed energia.

Invece, ci troviamo di fronte ad una realizzazione opaca, spenta, velata da un sottile strato di polvere. Ogni scena, pur riuscendo spesso a trovare il proprio riferimento, pur se frettoloso, al romanzo della Rowling, resta fine a sé stessa autoincatenandosi ed incrinandosi da sola, impedendosi così la possibilità di legarsi con le altre scene e di garantire quella fluidità e quella scorrevolezza delle quali la trama avrebbe disperatamente bisogno.
Proprio questa grave assenza, la mancanza di un qualcosa che saldi le varie parti in cui il film è strutturato, è l'elemento gravoso che mina, e piuttosto seriamente, alle fondamenta stesse della pellicola: non una spiegazione, non un attimo di tregua, si salta nervosamente da una parte all'altra della storia senza concedere la possibilità di ragionare e di metabolizzare ciò che di comunque scarso, dal punto di vista dell'azione, è appena successo. Chi recepisce il film, malgrado tutto, si ritrova distaccato e poco coinvolto, come un vago sentore di apatia che annebbia la mente ed irretisce i sensi.

Nondimeno, le scene stesse, prese singolarmente, sembrano svuotate ed insecchite come un limone spremuto fino all'ultima goccia della propria linfa. Succubi di noia e, peggio ancora, orfane di quel pathos del quale, invece, dovrebbero essere totalmente permeate, trovano un compimento solo parziale, una mezza realizzazione. Se da una parte, infatti, riescono a seguire fedelmente, pur inciampando qua e là, la propria controparte cartacea, dall'altra manca quasi totalmente quella carica emotiva che dovrebbe innalzarne i contenuti, le tematiche, l'espressione stessa con la quale si raggiunge lo spettatore. E invece, nella dimenticanza e nell'oblio di questo aspetto che, viceversa, dovrebbe essere fondamentale, il film si trascina stancamente avanti, in una lugubre giostra di effetti speciali che piacciono ma non risolvono, di dialoghi che intrattengono ma non convincono, e di una trama che, già sbilenca di suo, viene tappezzata alla meno peggio per tentare di rimediare agli errori ed all'incompetenza delle quali, nei due film precedenti, gli autori hanno colpevolmente abusato. Non meravigliatevi quindi, ad esempio, di vedere personaggi che, mentre in realtà già in passato avrebbero dovuto avere ruoli di un certo rilievo, qui d'improvviso si presentano all'ignaro protagonista sfoggiando cicatrici, curriculum tutt'altro che raccomandabili, pesanti eredità e tutta una serie di peculiarità che ne caratterizzano, in maniera fin troppo esplicita e semplificata, l'aspetto psicologico e comportamentale. Una semplice parvenza, una mera illusione di relazioni interpersonali, che spesso e volentieri appaiono troppo timide e raffreddate.

In tutto questo, non aiutano né gli attori né le modalità con le quali vengono sintetizzati i pochi temi posti dalla pellicola. Aspetti che si avvicendano e che diventano uno conseguenza dell'altro, perché se è vero che, nell'immensità del cast, il tutto è incentrato quasi esclusivamente su un trio di interpreti che, messi insieme, a stento realizzano un solo attore realmente capace di espressività recitativa, è anche vero che i vari personaggi vengono sviluppati in maniera eccessivamente affrettata, accompagnati da una colonna sonora grigia che non riesce in alcun modo ad entrare nel cuore e nell'animo di chi ascolta, non riuscendo quindi ad essere di alcun aiuto al campo visivo.

E così anche le tematiche del film finiscono, nonostante tutto, per essere ridicolizzate e surreali, decadendo in quella che all'occhio sembra una brutta copia, quasi una parodia: se, come già detto, quelli che dovrebbero essere paura, tensione, narvosismo, involvono in un senso di noia dalla sequenza velocizzata ed inconcludente, e mantenendo quindi un ritmo mai realmente incalzante e mai costante, c'è qualcosa di terribilmente caricaturistico e strafottente nella delicata tematica della morte. Se quella della civetta Edvige viene ricostruita tentando di diventare eroica, mentre invece finisce per essere inconcreta ed incoerente, e se quella di Malocchio non viene addirittura sentita, passando come un accadimento di poco conto senza avere il benché minimo rilievo, c'è qualcosa di ancor più grottesco nella triste fine di Dobby. Perché vedere un personaggio che, nel momento catartico di massima tensione e di massimo pericolo, anziché mettersi in salvo nel momento giusto e con tutto il tempo possibile a disposizione, si esprime in un monologo insulso che ne causa la scomparsa prematura, è qualcosa di davvero deprimente che si vede solo nei film di quart'ordine.
Peggio ancora, nel senso di nervosismo crescente che invade i tre protagonisti, alla ricerca di oggetti che non vengono mai esplicitati con la dovuta chiarezza, che non ottengono mai quella luce e quell'attenzione di cui avrebbero enorme bisogno (ed a tal proposito, sembra riproporsi lo stesso problema già incontrato con la versione cinematografica de "Il principe mezzosangue": perché un qualcosa che all'interno della storia trova lo spazio di una manciata di minuti dà il titolo al film stesso?), troviamo un'influenza troppo adolescenziale/moderna, troppo twilightiana. Insensati alcuni momenti di fan service aggiunti liberamente ad una sceneggiatura che, invece, vorrebbe spostare le proprie attenzioni verso ciò che di effettivamente quest'opera dovrebbe trasmettere di importante. È così, ad esempio, che vengono spazzate via settimane e settimane di studi e preparativi all'assalto al Ministero, avvenuto in maniera improvvisa e rocambolesca e senza un piano preciso. Per non parlare dei filler: balletti inventati del tutto fuori luogo, dialoghi sensa senso e zip che si alzano e si abbassano.

Di contro, vanno elogiate la scena iniziale, l'unica forse effettivamente suggestiva di tutto il film, e soprattutto la sequenza d'animazione volta ad introdurre i Doni della Morte, ottima invenzione grafica e narrativa. Per il resto, guardando soprattutto al pessimo capitolo precedente, non si può che parlare di un timido passo in avanti, pur non soprassedendo sulle tante piccole imperfezioni delle quali, inevitabilmente, soffre la storia. E qui ci si pone nuovamente la domanda iniziale: ma visti i risultati, era davvero necessario dividerlo in due parti?

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La foto della settimana

Per cominciare bene la settimana...
La foto di un negozio famosissimo di Roma!

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Segnalazione: Sailor Moon - Naoko Takeuchi

Si è fatta attendere a lungo, ma alla fine la guerriera che veste alla marinara è tornata con una bella ristampa fatta con tutti i crismi del caso.
Sailor Moon sta agli anni '90, come Candy Candy sta agli anni '80 e le Winx al primo decennio del terzo millennio.

Questo primo volume è (ovviamente) introduttivo, senza fronzoli, e allo stesso tempo è quasi interamente dedicato all'azione. La lettura è leggera, "simpatica", anche se l'introspezione e l'approfondimento psicologico dei personaggi è pressochè assente, e i disegni sono abbastanza bruttini (diciamocelo: la Takeuchi non sa disegnare un granchè bene).

Un buon intrattenimento, comunque!
E poi le guerriere Sailor, sono le guerriere Sailor!

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Il contraddittorio sulla verità


Quello di Saviano a "Vieni via con me" è stato un monologo impegnato e complesso, ma di facilissima comprensione.

Il giornalista e scrittore napoletano non ha fatto altro che mostrare il modus agendi della 'ndrangheta, narrando le origini "mitologiche" che accomunano le tre grandi "Mafie" (Cosa Nostra, Camorra e 'Ndrangheta), spiegando come si diventa picciotto, e dimostrando - con un filmato in cui si riprendeva un vertice 'ndranghetista tenutosi a 15 km da Milano e a cui erano presenti  i boss più importanti - che la 'ndrangheta ha come regione preferenziale dei suoi business, la Lombardia.

Fanno sorridere (per non dire che fanno proprio pena) i commenti dei rappresentanti del Governo e dello stato maggiore della Lega, che si dicono scandalizzati. Soprattutto, fa pena Maroni, che ha dichiarato che le parole di Saviano sono una "falsità", che al nord la Lega non interloquisce con mafiosi, e che per questo vuole il contraddittorio e il diritto di replica.

Ora, tenendo conto del fatto che Saviano ha raccontato fatti (e non opinioni) comprovati da numerosi processi, tenendo conto del fatto che è risaputo che la criminalità organizzata cerca ovviamente dei referenti nel mondo dell'imprenditoria e della politica (basti pensare ai mafiosi che hanno Roma come punto di riferimento, i camorristi che puntanto tutto sulll'area parmigiana - basta vedere dove sono infiltrati e dove hanno i migliori investimenti i casalesi -), non ci si dovrebbe nemmero stupire del fatto che la 'ndrangheta abbia interessi a Milano.

Ma Maroni vuole il contraddittorio e il diritto di replica a queste "accuse infamanti".

"Accuse infamanti" che proprio ieri sono state ribadite e confermate nientepopòdimenoche dal rapporto semestrale della DIA.

Bravo, Maroni!

Mi piacerebbe sapere che contraddittorio e che diritto di replica vorresti avere.
Vorresti forse fare il contraddittorio alla pura e semplice verità?

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Porco Rosso - Hayao Miyazaki

Porco Rosso è il miglior cacciatore di taglie dell'Adriatico. Tutti lo conoscono per le sue mirabolanti imprese, ed è inviso tanto ai pirati a cui dà la caccia, quanto alle autorità fasciste italiane, da cui è braccato.
Tuttavia, nel momento in cui i pirati chiameranno in loro aiuto l'americano Donald Curtis, assegnandogli il compito di abbattere l'odiato suino volante, le cose per Porco Rosso cambieranno drasticamente...

Si è fatto attendere per quasi vent'anni, ma alla fine, Maiale e Monoplano rosso sono atterrati anche nei cinema italiani.

Il capolavoro di Miyazaki (poichè di capolavoro si tratta, e non lo si può chiamare in nessun altra maniera) è un inno alla gioia di vivere e alla libertà più sfrenata.

Assieme al suo aereoplano, Porco Rosso è l'incarnazione vivente dello spirito libero.
La sua concezione della vita appare subito chiara: "Un maiale che non vola è solo un maiale", così come appare subito chiaro il suo stile di vita; il Maiale antropomorfo terrore dei pirati non ha una casa (se non un rifugio in un isolotto dell'Adriatico), non vuole avere una Patria (se non l'immensità del cielo), nè amici (se non il suo aereo), nè una storia d'amore con la donna che ama, nè "caporali" o regole a cui obbedire (eccetto quelle imposte dal codice d'onore).

"Piuttosto che diventare fascista, preferisco rimanere un maiale", risponderà Porco Rosso all'ex commilitone Ferrarin, che gli aveva chiesto di tornare in aviazione.
Una frase semplice, lapidaria, efficacissima, che racchiude in sè tutta la filosofia del personaggio, tutto lo spirito della pellicola e tutto l'amore per la libertà del regista nipponico.

Da vedere. Assolutamente da vedere.

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Comunista!

Perchè ormai la parola "comunista" non indica più un certo tipo di ideologia, o di appartenenza a un orientamento politico ben preciso, ma è accomunata al più spregevole degli insulti.

Dire (e dare) del "comunista" a qualcuno è come dire "stronzo" o "figlio di puttana"...

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La cena dei cretini

La nuova moda parigina della cosiddetta "società bene", è quella di organizzare, una volta a settimana, una cena, dove ogni partecipante deve portare con sè una persona stupida o fissata con argomenti strambi - un "cretino", per l'appunto -, in modo da poterne ridere per tutta la serata.

Anche l'editore Pierre Brochant è un assiduo frequentatore della famigerata cena, e per quella nuova ha individuato il prossimo "cretino": si tratta di François Pignon, un impiegato dell'Agenzia delle Entrate con la fissa di creare modellini di statue, ponti, palazzi e monumenti con i fiammiferi.

Ma dal momento in cui Pignon entrerà nella vita di Brochant, l'editore comincerà a "subire" una serie di eventi catastrofici che cambieranno totalmente la sua vita...

Ispirato a una pièce teatrale di successo, La cena dei cretini, quantunque sia quasi più un mediometraggio che un film vero e proprio (dura poco più di un'ora) è una pellicola GENIALE. La storia, per quanto semplice, è assolutamente coinvolgente; le situazioni presentate, anche se verosimili, sono al limite dell'assurdo (merito del "cretino", ovviamente); e le battute, bellissime, divertentissime e intelligenti, sono folgoranti.

Erano anni che non ridevo così a crepapelle.
Se vi capita sottomano, non fatevelo sfuggire...

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Decalogo sui comportamenti da tenere in un paese deleghistizzato

Continua la settimana "culturale" su "Il Viagra della Mente".

Oggi vi propongo il Decalogo sui comportamenti da tenere in un paese deleghistizzato, stilato da Giovanni Manoccio, sindato di Acquaformosa, un comune calabrese "deleghistizzato".
Perchè il nostro Paese, nonostante tutto, è uno e indivisibile...

Decalogo sui comportamenti da tenere in un paese deleghistizzato

Nel nostro paese non togliamo le panchine per gli immigrati, anzi le dotiamo di cuscini.
(cit.Gentilini)

Nel nostro paese non disinfettiamo i luoghi dove vivono gli immigrati: i nostri luoghi sono puliti naturalmente.(cit.Borghezio)

Nel nostro paese è vietato scrivere “forza Etna” o “forza Vesuvio”: è consentito scrivere “fate l’amore e non la guerra”. (cit. Pontida)

Nel nostro paese è vietato fare gli esami di dialetto per l’insegnamento nelle scuole: basta l’esame di abilitazione Nazionale.

Nel nostro paese non sono ammesse le ronde: è consentito il libero passeggio e lo “struscio”

Nel nostro paese sono abolite le magliette con scritte offensive verso l’Islam: meglio essere nudi che cretini.(cit Calderoli).

Nel nostro paese non si possono cantare le canzoni che inneggiano alla “monezza” di Napoli: si può cantare “O’ sole mio”. (cit.Salvini)

Nel nostro paese non occorre affermare di avercelo duro: tutti lo sanno già.(Cit. Bossi)

Nel nostro paese non si può gridare “Roma Ladrona “: si può cantare “Roma capoccia”,(Cit.Maroni)

Nel nostro paese Alberto da Giussano è ritenuto un dilettante al cospetto del nostro Giorgio Castriota Skanderbergh.

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Continuiamo a parlare di Arte e Cultura...

Continuiamo a parlare di Arte, Cultura e patrimonio artistico italiano.

L'anno scorso, "Presa diretta" mandò in onda una delle sue puntate meglio riuscite intitolata Oro Buttato. Guardatela, se vi riesce (potete vederla cliccando QUI).

C'è da piangere.
Veramente.

La situazione del patrimonio artistico italiano è impietosa.
Il reporter, in giro nei luoghi artistici italiani (soprattutto quelli campani), rimane sbigottito, non tanto dalla bellezza dei luoghi d'arte, quanto dall'incuria, dalla trascuratezza e dallo stato di abbandono in cui versano certi patrimoni culturali.

La Reggia di Caserta è costretta a versare il 95% dei suoi introiti allo Stato. E con il 5% rimanente, riesce solamente a pagare la bolletta della luce.
Risultato: i giardini del Palazzo non ricevono cure e manutenzione, e la maggior parte delle stanze del Palazzo non possono essere visitate per mancanza di custodi e personale specializzato.

Pompei è un disastro. Secondo l'ex soprintendente Guzzo, per tenere l'antica città romana in una condizione "accettabile", servirebbero almeno 250 milioni di euro. Mentre la soprintendenza - che non riceve soldi dallo Stato e si autofinanzia - con i suoi 20 milioni di euro all'anno, deve arrangiarsi come può.
Risultato: le case di Pompei crollano, non è possibile accedere alla quasi totalità degli interni delle abitazioni, le teche contenenti i calchi dei fuggiaschi morti a causa dell'eruzione del Vesuvio sono vecchie e polverose, e i bellissimi dipinti, senza manutenzione e restauro, sono rovinati.

La Piscina Mirabilis, la più grande cisterna romana conosciuta al mondo (un complesso architettonico sotterraneo enorme e stupefacente, scavato interamente nel tufo) è chiusa. I turisti che vogliono visitarla, devono bussare a casa di una simpatica vecchietta che ha le chiavi del cancello. Se è di buon umore, le dà; altrimenti, manda a quel paese la gente - che bussa ad ogni ora del giorno per visitare la meraviglia sotterranea.

Il Museo situato all'interno del castello aragonese a Baia è stato dichiarato il miglior museo d'Italia. Al suo interno sono conservati reperti archeologici unici e importantissimi provenienti dall'area partenopea e da quella dei Campi Flegrei. Il museo, però, è chiuso. Apre solo una decina di volte l'anno, causa mancanza di fondi e di personale.

Ora, io sono fortunato.

Tutte queste meraviglie sono a un tiro di schioppo da casa mia, e ho potuto vederle con i miei occhi. La Piscina Mirabils è qualcosa che ti toglie il fiato. Avete presente il film de "Il signore degli Anelli", quando la Compagnia scende nelle miniere di Moria? Ecco, pensate a quello e avrete una pallida idea di come possa essere la Piscina Mirabilis.

Che ovviamente è chiusa, a meno che non capitiate nella giornata in cui la vecchietta è di buon umore.

L'incazzatura, poi, aumenta quando si fanno paragoni con l'estero.

Dopo aver elencato e mostrato tutte le nostre italiche meraviglie, Oro Buttato fa un salto in Francia, a Montpellier.

La cittadina è visitata annualmente da 2 milioni di persone e fa del turismo una delle sue principali attività lavorative ed economiche.

La cosa bella è che a Montpellier non c'è (fatemelo dire) UN CAZZO.
E' presente solo un Museo minuscolo, e un Parco Archeologico con 4 (e sottolineo 4) pietre in croce.
A differenza nostra, però, la cittadina francese ha fatto in modo di valorizzare il poco che ha, creando alberghi, infrastrutture per facilitare le visite, punti di informazione ad ogni angolo della città, call center in tutte le lingue e servizi on-line facilissimi per prenotare la vacanza.

Questo perchè, da quelle parti, l'Arte e la Cultura contano.

Riporto di seguito l'elenco dei finanziamenti pubblici ad alcuni istituti di cultura europei nel 2010.

British Council (Gran Bretana): 220 milioni di euro;
Goethe Institut (Germania): 218 milioni di euro;
Instituto Cervantes (Spagna): 90 milioni di euro;
Instituto Camoes (Portogallo): 13 milioni di euro;
Alliance Française (Francia): 10,6 milioni di euro;
Società Dante Alighieri (Italia): 1,2 milioni euro. Che diventeranno 600 mila euro l'anno prossimo...

E questo invece è l'elenco delle dichiarazioni dei ministri della Cultura Europei in merito ai tagli alla cultura.

E' proprio in tempi di crisi che si deve lottare per non fare tagli alla cultura perché è il valore e il fondamento che dobbiamo mantenere
Bernd Neumann, Germania

La cultura è una risorsa, un aiuto all'orientamento. E io lavoro perché lo sia sempre di più.
Frédéric Mitterrand, Francia

Lo stimolo alle industrie culturali è cruciale per l’uscita dalla crisi se si tiene conto che la cultura fornisce il 4 per cento del pil spagnolo e dà lavoro a più di 800 mila persone
Angeles Gonzales-Sinde, Spagna

Non vado a chiedere l’elemosina a Tremonti”.
Sandro Bondi, ministro italiano della Cultura

Fatevi un bel panino con la Divina Commedia”.
Giulio Tremonti, ministro dell’economia

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La foto della settimana: Vulimm 'a munnezz'!

"Entro 3 giorni l'emergenza rifiuti passerà!" dal Vangelo secondo Guido Bertolaso.

A Gabriele però, che ha scattato queste due foto dalla finestra di casa sua in pieno centro a Napoli, sembra che la spazzatura, dopo i tre giorni, sia risorta dalle ceneri, più forte di prima...
E in maniera più silente visto che il problema è taciuto...E i napoletani navigano nella munnezza ormai ogni giorno...

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La Cultura...

...arricchisce sempre, è contro la volgarità e permette di distinguere tra bene e male; è lo strumento per giudicare chi ci governa ed è libertà, di espressione e parola.
Con la cultura si sconfigge il disagio sociale delle persone perché è riscatto dalla povertà; è un bene comune e primario, come l'acqua.
Ed è come la vita.
E la vita è bella.

Claudio Abbado

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Il crollo

Il crollo della cosiddetta "Scuola dei Gladiatori" a Pompei rispecchia alla perfezione ciò che sta succedendo nel nostro Paese.

Un Paese in rovina e alla deriva, piena di crepe e fenditure, dove il sistema cerca di puntellare e tirare alla giornata, senza ristrutturare e rimodernare nulla, ma lasciando tutto nell'indifferenza e nell'incuria generale.

Perchè gli interessi - i veri interessi - sono sempre "altri"...

L'Italia è (forse) l'unica nazione del mondo che, se volesse, potrebbe campare unicamente di cultura, arte e turismo. Ma la cultura viene snobbata, l'arte dimenticata e per quanto riguarda il turismo...meglio tacere.

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Vaffanculo alla maggioranza!

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Segnalazione: Bagliori da Fomalhaut - Alex Girola

Che fine ha fatto Simone Tasca, fotografo milanese specializzato in shooting gotici e decandenti? Forse il suo destino è legato alla ricerca di un misterioso monastero abbandonato, situato nel comasco: San Settentrio in Boccadipesce. Peccato che nessuno - o quasi - sia in grado di localizzare questo luogo, come se il tempo e la superstizione popolare se lo fossero portati via per sempre. Ma Lia e Max non sono disposti ad arrendersi facilmente. Così le indagini sull'amico scomparso hanno inizio, tra antiche leggende e ben più concreti pericoli posti sulla loro strada.

Quando sono in una fase dubitativa sul prossimo libro da leggere, ecco che, nemmeno a farlo apposta, Alessandro Girola tira fuori un altro dei suoi eBook e mi toglie dai guai.

Bagliori da Fomalhaut è un racconto di media lunghezza, il cui obiettivo principale si rivela subito per quello che è: il divertimento. E' un racconto che punta all'intrattenimento puro e semplice e che si fa leggere con piacere, dove però traspare non solo l'interesse dell'autore verso certi argomenti - chi segue Il blog sull'orlo del mondo, sa bene che Alex si trova a suo agio con ghost-town, misteri, occultismo, horror et similia, e in questo racconto si ritrovano molti degli argomenti trattati sul blog - ma anche  un accurato lavoro di documentazione (non ho idea se San Settentrio esista davvero, ma non è affatto inverosimile come monastero).
Poi, se sono presenti dei simpatici monaci, io non so dire di no.
Reminiscenze da "Il nome della Rosa"?

Potete scaricare il racconto QUI.
Buona lettura!

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Monster - Naoki Urasawa

Düsseldorf, 1986.
Il giovane e brillante neurochirurgo giapponese Kenzo Tenma salva un bambino di nome Johan da morte certa, contravvenendo così agli ordini dati dal primario di chirurgia che davano la precedenza di operare il sindaco della città in fin di vita e precludendosi così la possibilità di fare carriera all'interno del mondo accademico.

Pochi giorni dopo l'operazione, all'interno dell'ospedale dove Tenma lavora ormai come medico di base, il primario di chirurgia e i due medici con cui Tenma era entrato in conflitto a causa della mancata operazione al sindaco, vengono uccisi.

Tenma, ormai senza "ostacoli", riesce così a far carriera e a diventare uno dei più importanti neurochirurghi a livello internazionale; tuttavia passati nove anni, il neurochirurgo sarà indagato come maggiore sospettato per gli omicidi sopra citati, e sulle sue tracce si metterà l'ispettore di polizia Lunge (un personaggio geniale che per certi versi ricorda l'ispettore Javert de "I miserabili" di Victor Hugo).

Il bello è che l'assassino si rivela essere Johan, il bimbo che Tenma aveva salvato e che ora è cresciuto: per un caso "fortuito", Tenma assiste a uno degli omicidi perpetrati da Johan, e dilaniato dagli scrupoli di coscienza, decide di lasciarsi alle spalle il lavoro e gli amici per catturarlo e ucciderlo, in modo da rimediare all'errore fatto nove anni prima e scagionarsi da tutte le accuse nei suoi confronti...

I manga di Naoki Urasawa non sono semplice intrattenimento.
Il maestro nipponico, in ognuna delle sue opere, è capace di dare una tale profondità e trimensionalità ai suo personaggi, e una tale complessità alle trame che i suoi lavori, se fossero dei romanzi veri e propri o delle pellicole cinematografiche, sarebbero acclamati dei capolavori assoluti (non che i suoi manga non lo siano, beninteso. Anzi...).

Monster non fa eccezione.
E' un manga adulto, non adatto a chi cerca solamente un paio d'ore di svago o divertimento (il volume in formato Deluxe proposto dalla Planet Manga - e in uscita in questi giorni - consta di ben 400 pagine fitte di dialoghi serrati e intelligentissimi).

E' un'opera a metà strada tra il thriller e il poliziesco, dove Urasawa sta ben attento non solo a tratteggiare psicologicamente ognuno dei personaggi principali e secondari, ma anche a intrecciare alla perfezione tutti i personaggi con le trame e le sottotrame, creando così una storia e un intreccio intricato e affascinante.

Un capolavoro, complesso e intelligente.
Se volete leggere qualcosa di veramente, ma veramente eccellente (e adulto) di produzione nipponica che non "scada" nel solito shonen di combattimento, Monster fa proprio al caso vostro.

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Matrimonio in crisi

Un piccolo video che riassume, in breve e in modo simpatico, la Storia del nostro Paese...

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Marvel Noir - Spiderman: Occhi senza un volto

Peter Parker/Spiderman ha sempre avuto per me l'interesse di un calcio nel sedere.
Mi piace il design del suo costume (che è veramente, ma veramente figo), ma per il resto il personaggio lo trovo odioso e borioso, soprattutto per via di quelle battutine inutili che spara ogni 3/4 giusto per accattivarsi le simpatie del lettore.

Senza contare che la sua creazione "in quanto personaggio" l'ho trovata una furbata pazzesca da parte di Stan Lee e soci. Me li immagino seduti attorno a un tavolo a confabulare: "Ci serve un nuovo supereroe! Come facciamo? Prendiamo i due più famosi. Superman e Batman...Da Superman prendiamo i colori del costume, da Batman il modus agendi da vigilante. Però non dobbiamo farlo uguale uguale a Batman. A questo nuovo supereroe dobbiamo dargli un trauma, ma meno traumatico di quello di Batman. E dato che Batman è antipatico, scontroso ed estremamente misantropo, questo lo dobbiamo fare simpatico, e con una vita sociale altamente incasinata."

Anche i nemici di Spiderman - fatta eccezione per Venom, Carnage e Doc Octopus - mi sono sempre stati altamente sugli zebedei.
Ma d'altronde, com'è che si dice?

De gustibus non disputandum est.

Detto ciò, dopo essermi attirato tutte le peggiori antipatie da parte dei fan del celeberrimo Arrampicamuri (se Paolone mi sta leggendo, probabilmente o mi avrà buttato addosso le peggio maledizioni o sarà impegnato in una macumba improvvisata nei miei confronti), ammetto che questo Spiderman: Occhi senza un volto, mi ha riconciliato con Peter Parker e il suo alter ego.

La graphic novel è molto buona, autoconclusiva, si fa leggere e tiene costantemente alta la tensione narrativa.

E soprattutto, Spiderman è un figo e non fa battutine squallide.

La storia è ambientata nell'America degli anni '30.
La Depressione si fa sentire, le strade sono piene di disoccupati e disperati, e in città, dopo la caduta di Norman Osborn alias "Il Goblin" sì è creato un vuoto di potere ai vertici della Malavita.
Vertice che, a quanto pare, adesso è stato occupato da un fantomatico "Signore del Crimine", capace di intimorire tanto la polizia quanto l'intera malavita con le sue attività criminali.
Questa è la cornice della vicenda che Spiderman sarà chiamato a risolvere. Perchè il vero problema, non è tanto il Signore del Crimine, quanto la sparizione di un numero altissimo di persone di colore dai vari quartieri della città.

Chi c'è dietro queste sparizioni?
Come e perchè avvengono?

A voi lettori il compito di scoprirlo, leggendo questo buonissimo albo sceneggiato da Hine&Sapolwsky, e disegnato dall'eccellentissimo Carmine Di Giandomenico.

- segna, Valentino! Segna! -

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Il Louvre...

...è un mostro che ti fagocita.
Così come per tutti i musei più importanti del mondo, quando si visitano questi imponenti patrimoni dell'umanità e si ha ha disposizione poco tempo per farlo, bisogna per forza di cose operare una scelta: o ti giri tutto il museo senza guardare praticamente nulla, oppure scegli cosa guardare tralasciando - a malincuore - sezioni che pure sarebbe opportuno guardare.

Come al British Museum, anche al Louvre abbiamo optato per la seconda scelta: guardiamoci qualcosa di scelto, ma guardiamocela per bene.

Io e Deborah saremo stati una buona mezz'ora seduti davanti "La zattera della Medusa" di Géricault e un'altrettanta buona mezz'ora ad ammirare il gruppo di "Amore e Psiche" di Canova.

Perchè con certi capolavori non puoi fare altro che rimanere estasiato e ammirato.

La Gioconda m'ha sempre fatto schifo - e della sala laterale dell'infinita galleria dedicata alla pittura italiana dove il quadro di Leonardo è esposto, ho apprezzato decisamente di più il gigantesco quadro delle "Nozze di Cana" del Veronese (7 metri per dieci) -, ma finalmente sono riuscito a vedere per bene la prima versione della "Vergine delle Rocce" (la seconda, conservata alla National Gallery di Londra, era in restauro quando sono andato io).

E' stata una bellissima visita, soprattutto perchè fa sempre "strano" vedere dal vivo opere d'arte che - per fortuna o purtroppo - si è incontrati durante il proprio percorso di studio.

La cosa che più ha sorpreso me e Deborah è stato vedere il comportamento della maggior parte dei visitatori.

Gente che sembrava essere andata a vedere il museo "giusto per", quasi solo per dire "Io ci sono andato". La maggior parte di loro camminava a zonzo per il museo in pieno stile zombie, si metteva davanti un'opera d'arte a caso, scattava una foto e se ne andava.
Senza perdere nemmeno un secondo a guardare il capolavoro di cui aveva immortalato l'immagine nella sua fotocamera.

Tra tutti, spettacolare la piccola folla creatasi subito davanti la Nike di Samotracia.
Capannelli di cinesi, giapponesi, inglesi, americani, africani, si fermano ammirati davanti la prima "attrazione" che il Louvre offre in pasto agli occhi (e agli obiettivi delle fotocamere digitali) dei suoi ospiti. Questi, estasiati per il dono ricevuto, in barba a tutti i divieti che si raccomandano di non utilizzare il flash, sparaflashano fino alla nausea la povera dea alata.

Salvo poi guardarsi spaesati intorno, cercare un volto amico e domandare: "Ma questo coso cos'è?"

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