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Il Louvre...

...è un mostro che ti fagocita.
Così come per tutti i musei più importanti del mondo, quando si visitano questi imponenti patrimoni dell'umanità e si ha ha disposizione poco tempo per farlo, bisogna per forza di cose operare una scelta: o ti giri tutto il museo senza guardare praticamente nulla, oppure scegli cosa guardare tralasciando - a malincuore - sezioni che pure sarebbe opportuno guardare.

Come al British Museum, anche al Louvre abbiamo optato per la seconda scelta: guardiamoci qualcosa di scelto, ma guardiamocela per bene.

Io e Deborah saremo stati una buona mezz'ora seduti davanti "La zattera della Medusa" di Géricault e un'altrettanta buona mezz'ora ad ammirare il gruppo di "Amore e Psiche" di Canova.

Perchè con certi capolavori non puoi fare altro che rimanere estasiato e ammirato.

La Gioconda m'ha sempre fatto schifo - e della sala laterale dell'infinita galleria dedicata alla pittura italiana dove il quadro di Leonardo è esposto, ho apprezzato decisamente di più il gigantesco quadro delle "Nozze di Cana" del Veronese (7 metri per dieci) -, ma finalmente sono riuscito a vedere per bene la prima versione della "Vergine delle Rocce" (la seconda, conservata alla National Gallery di Londra, era in restauro quando sono andato io).

E' stata una bellissima visita, soprattutto perchè fa sempre "strano" vedere dal vivo opere d'arte che - per fortuna o purtroppo - si è incontrati durante il proprio percorso di studio.

La cosa che più ha sorpreso me e Deborah è stato vedere il comportamento della maggior parte dei visitatori.

Gente che sembrava essere andata a vedere il museo "giusto per", quasi solo per dire "Io ci sono andato". La maggior parte di loro camminava a zonzo per il museo in pieno stile zombie, si metteva davanti un'opera d'arte a caso, scattava una foto e se ne andava.
Senza perdere nemmeno un secondo a guardare il capolavoro di cui aveva immortalato l'immagine nella sua fotocamera.

Tra tutti, spettacolare la piccola folla creatasi subito davanti la Nike di Samotracia.
Capannelli di cinesi, giapponesi, inglesi, americani, africani, si fermano ammirati davanti la prima "attrazione" che il Louvre offre in pasto agli occhi (e agli obiettivi delle fotocamere digitali) dei suoi ospiti. Questi, estasiati per il dono ricevuto, in barba a tutti i divieti che si raccomandano di non utilizzare il flash, sparaflashano fino alla nausea la povera dea alata.

Salvo poi guardarsi spaesati intorno, cercare un volto amico e domandare: "Ma questo coso cos'è?"

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