Puoi togliere il ragazzo dal ghetto, ma non il ghetto del ragazzo.
Ed è un po’ il leitmotiv della biografia di Ibrahimovic. La sua è una storia comune a quella di tanti campioni: povertà, famiglia disastrata, emarginazione, voglia di rivalsa, fuoco sacro, talento. Un talento per il calcio innato, che dai campetti di periferia di un paesello della Svezia ha portato Ibrahimovic a divenire uno dei calciatori più forti dell’ultimo decennio.
Ora, a me Ibrahimovic m’è sempre stato ampiamente sulle scatole. Pur essendo milanista, non mi piace come calciatore (benché sia oggettivamente molto bravo) e non m’è mai piaciuto come persona. Qualche tempo fa però, alla Feltrinelli, mi era capitato tra le mani questo “Io, Ibra”, e un po’ per curiosità avevo cominciato a leggiucchiarlo, trovandolo abbastanza interessante.
Così quando mi son trovato di fronte l’ebucco aggratisssse, me lo son piazzato sul lettore e me lo son letto. E ammetto che, nonostante continui a reputare Ibrahimovic una persona antipaticissima, e persista a non farmelo piacere come giocatore, questa biografia (la prima di uno sportivo che leggo in vita mia) mi è piaciuta.
Ora, per tutto il libro Ibrahimovic non fa che cantarsela e suonarsela da sola dicendo quanto sia figo, quanto sia forte, quanto sia tamarro e potente. Ma sotto certi aspetti, ci sta. Ammette lui stesso di essere irritante e di poter risultare irritante, e questo, per lo meno, testimonia la sua sincerità. Ho trovato il libro interessante per altri motivi: a parte alcuni episodi di vita vissuta (il capitolo sull’infanzia di Ibrahimovic, segnata da furtarelli di biciclette, risse e partite di pallone nei campetti degradati è comunque molto carino), è molto intrigante conoscere alcune dinamiche interne di una squadra.
Soprattutto, sono particolari i vari profili “psicologici” che Ibrahimovic traccia degli allenatori e di alcuni suoi compagni. E allora Capello è un allenatore integerrimo, una sorta di generale di ferro che incute timore e rispetto; Mourinho è un tipo di uomo che sa pungolarti come si deve, tirandoti fuori il meglio, tanto che i giocatori che lui allena sarebbero letteralmente pronti a morire per lui; Mancini è un tipetto indeciso, che pensa solo agli abiti e alla moda, mentre Guardiola è l’apoteosi della passività, un tipo che ha problemi con le personalità forti, e che vuole che la sua squadra sia una sorta di colonia in cui ognuno deve stare al suo posto. Mi ha strappato non pochi sorrisi l’approdo di Ibrahimovic al Barcellona e i continui riferimenti al calcio in Italia, soprattutto quando si accorge che i più grandi campioni del calcio di oggi, i vari Messi, Xavi e Iniesta sono come dei soldatini o degli scolaretti, sempre sull’attenti, mentre in Italia, i fuoriclasse sono come divinità.
Un libro che scorre veloce, ideale per rilassarsi la sera, e abbastanza carino sotto alcuni aspetti, tutto sommato. È piaciuto a me che Ibrahimovic lo schifo abbastanza, quindi penso che i suoi fan non dovrebbero farselo scappare. In ogni caso, se cercate, lo trovate pure aggratissss.
Tanto se ve lo piratate, non penso che Ibra, con tutti i soldi che ha, ne potrebbe avere a male…
Ed è un po’ il leitmotiv della biografia di Ibrahimovic. La sua è una storia comune a quella di tanti campioni: povertà, famiglia disastrata, emarginazione, voglia di rivalsa, fuoco sacro, talento. Un talento per il calcio innato, che dai campetti di periferia di un paesello della Svezia ha portato Ibrahimovic a divenire uno dei calciatori più forti dell’ultimo decennio.
Ora, a me Ibrahimovic m’è sempre stato ampiamente sulle scatole. Pur essendo milanista, non mi piace come calciatore (benché sia oggettivamente molto bravo) e non m’è mai piaciuto come persona. Qualche tempo fa però, alla Feltrinelli, mi era capitato tra le mani questo “Io, Ibra”, e un po’ per curiosità avevo cominciato a leggiucchiarlo, trovandolo abbastanza interessante.
Così quando mi son trovato di fronte l’ebucco aggratisssse, me lo son piazzato sul lettore e me lo son letto. E ammetto che, nonostante continui a reputare Ibrahimovic una persona antipaticissima, e persista a non farmelo piacere come giocatore, questa biografia (la prima di uno sportivo che leggo in vita mia) mi è piaciuta.
Ora, per tutto il libro Ibrahimovic non fa che cantarsela e suonarsela da sola dicendo quanto sia figo, quanto sia forte, quanto sia tamarro e potente. Ma sotto certi aspetti, ci sta. Ammette lui stesso di essere irritante e di poter risultare irritante, e questo, per lo meno, testimonia la sua sincerità. Ho trovato il libro interessante per altri motivi: a parte alcuni episodi di vita vissuta (il capitolo sull’infanzia di Ibrahimovic, segnata da furtarelli di biciclette, risse e partite di pallone nei campetti degradati è comunque molto carino), è molto intrigante conoscere alcune dinamiche interne di una squadra.
Soprattutto, sono particolari i vari profili “psicologici” che Ibrahimovic traccia degli allenatori e di alcuni suoi compagni. E allora Capello è un allenatore integerrimo, una sorta di generale di ferro che incute timore e rispetto; Mourinho è un tipo di uomo che sa pungolarti come si deve, tirandoti fuori il meglio, tanto che i giocatori che lui allena sarebbero letteralmente pronti a morire per lui; Mancini è un tipetto indeciso, che pensa solo agli abiti e alla moda, mentre Guardiola è l’apoteosi della passività, un tipo che ha problemi con le personalità forti, e che vuole che la sua squadra sia una sorta di colonia in cui ognuno deve stare al suo posto. Mi ha strappato non pochi sorrisi l’approdo di Ibrahimovic al Barcellona e i continui riferimenti al calcio in Italia, soprattutto quando si accorge che i più grandi campioni del calcio di oggi, i vari Messi, Xavi e Iniesta sono come dei soldatini o degli scolaretti, sempre sull’attenti, mentre in Italia, i fuoriclasse sono come divinità.
Un libro che scorre veloce, ideale per rilassarsi la sera, e abbastanza carino sotto alcuni aspetti, tutto sommato. È piaciuto a me che Ibrahimovic lo schifo abbastanza, quindi penso che i suoi fan non dovrebbero farselo scappare. In ogni caso, se cercate, lo trovate pure aggratissss.
Tanto se ve lo piratate, non penso che Ibra, con tutti i soldi che ha, ne potrebbe avere a male…
Uhm... da persona che asfalterebbe gli stadi per farne dei parcheggi, non credo mi accosterò mai all'autobiografia del soggetto in questione.
RispondiEliminaMa la tua recensione è interessante. ;)
Guarda, io ormai col calcio ho quasi chiuso. Però ribadisco la curiosità generale che mi ha spinto alla lettura... :)
Eliminaio voglio uccidere Ibra :<<<<<<<<<<<<<<<<
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