Ho trovato Player One di Ernest Cline superbo e sublime. Ma d’altronde è un libro nerdone per nerdoni, quindi essendo io piuttosto "di parte" era anche abbastanza logico che mi piacesse.
Non ve ne parlerò, però. Lo ha già fatto il buon Giobblin in maniera più che eccellente QUI, quindi se volete sapere di cosa tratta nello specifico, leggetevi la sua recensione.
Così facciamo prima.
No, quello di cui mi interessava parlare è del rapporto che noi abbiamo con la rete, e del sogno chiamato realtà virtuale. Insomma, un post “collaterale” alla lettura di Player One.
Nel libro, il protagonista si trova ad affrontare una specie di gioco all’interno di una vera e propria realtà virtuale, OASIS. Mentre il mondo reale è collassato a causa di una terrificante crisi energetica e una più paurosa crisi nucleare, è prosperata la realtà virtuale.
OASIS ha preso il posto del mondo vero: ci sono universi contenenti centinaia di migliaia di mondi, ognuno dei quali preposto a una differente attività. A mondi “scolastici”, dove si frequentano le lezioni si alternano mondi dove ci si può abbandonare al lusso più sfrenato. Vi sono mondi plasmati a immagine e somiglianza di terre fantastiche (in OASIS vi sono universi interi che riproducono la Terra di Mezzo e gli universi di Star Wars e Star Trek), e ognuno è libero di essere chi vuole.
Il "digitale" che soppianta il "reale", insomma.
In piccolo, una cosa del genere è già successa. Inutile nasconderci: la dipendenza telematica è divenuta ormai una malattia. Senza internet, in un certo qual modo, ormai ci sentiamo perduti. Questo perché la rete è divenuta parte di noi, nonché parte integrante del nostro tessuto sociale.
Se i nostri nonni e i nostri genitori sono stati ammaliati dalla tv e dal tubo catodico, noi siamo ammaliati dal personal computer.
Il perché è semplice: il pc dà l’illusione della libertà.
Con un pc e una connessione ad internet puoi fare praticamente qualsiasi cosa. Ci si può divertire, ci si può lavorare, ci si può svagare, ci si può rilassare.
Da un certo punto di vista, si vive.
Letteralmente.
Nei confronti di questa "realtà" posso dire di essere a “metà strada”: il mondo della rete mi piace un sacco, ci lavoro, lo (sovra)utilizzo, ma non sono di quelli che riversa nel mondo della rete frustrazioni o (troppi) fatti personali.
Perché quelli restano personali e basta.
Posso anche dire di non essere dipendente in senso irrecuperabile. Se non posso avere accesso alla rete, ammetto che mugugno per un paio di minuti, ma poi passo a fare tranquillamente altro.
E voi?
Come vi ponete di fronte a questa "realtà virtuale"?
Così facciamo prima.
No, quello di cui mi interessava parlare è del rapporto che noi abbiamo con la rete, e del sogno chiamato realtà virtuale. Insomma, un post “collaterale” alla lettura di Player One.
Nel libro, il protagonista si trova ad affrontare una specie di gioco all’interno di una vera e propria realtà virtuale, OASIS. Mentre il mondo reale è collassato a causa di una terrificante crisi energetica e una più paurosa crisi nucleare, è prosperata la realtà virtuale.
OASIS ha preso il posto del mondo vero: ci sono universi contenenti centinaia di migliaia di mondi, ognuno dei quali preposto a una differente attività. A mondi “scolastici”, dove si frequentano le lezioni si alternano mondi dove ci si può abbandonare al lusso più sfrenato. Vi sono mondi plasmati a immagine e somiglianza di terre fantastiche (in OASIS vi sono universi interi che riproducono la Terra di Mezzo e gli universi di Star Wars e Star Trek), e ognuno è libero di essere chi vuole.
Il "digitale" che soppianta il "reale", insomma.
In piccolo, una cosa del genere è già successa. Inutile nasconderci: la dipendenza telematica è divenuta ormai una malattia. Senza internet, in un certo qual modo, ormai ci sentiamo perduti. Questo perché la rete è divenuta parte di noi, nonché parte integrante del nostro tessuto sociale.
Se i nostri nonni e i nostri genitori sono stati ammaliati dalla tv e dal tubo catodico, noi siamo ammaliati dal personal computer.
Il perché è semplice: il pc dà l’illusione della libertà.
Con un pc e una connessione ad internet puoi fare praticamente qualsiasi cosa. Ci si può divertire, ci si può lavorare, ci si può svagare, ci si può rilassare.
Da un certo punto di vista, si vive.
Letteralmente.
Nei confronti di questa "realtà" posso dire di essere a “metà strada”: il mondo della rete mi piace un sacco, ci lavoro, lo (sovra)utilizzo, ma non sono di quelli che riversa nel mondo della rete frustrazioni o (troppi) fatti personali.
Perché quelli restano personali e basta.
Posso anche dire di non essere dipendente in senso irrecuperabile. Se non posso avere accesso alla rete, ammetto che mugugno per un paio di minuti, ma poi passo a fare tranquillamente altro.
E voi?
Come vi ponete di fronte a questa "realtà virtuale"?
Intanto mi son letto la recensione del libro e mi prende parecchio quindi quasi quasi me lo ordino in biblio (anche se ho una pila infinita di roba da leggere).
RispondiEliminaRispondendo alla tua domanda... Direi che senza internet per qualche giorno ne sento la mancanza, poi però mi accorgo di quante cose posso fare col tempo guadagnato che non ''perdo'' più davanti al pc (soprattutto studiare eheh).
Vero, senza pc uno riscopre certe abitudini che aveva abbandonato. :)
EliminaUna visione come quella in Player One non si verificherà certo nei prossimi vent'anni.
RispondiEliminaLa realtà virtuale si è dimostrata un grosso bluff, almeno così come ci era stata prospetatta. Scenari virtuali credibili e – soprattutto – interattivi a livelli superiori di un normale videogioco richiedono una tale potenza di calcolo da essere, almeno per ora, materiale buono per un romanzo di fantascienza anni novanta.
Peccato, perché è il presupposto da cui parte il romanzo di Cline, e suonandomi "fasullo" fin dal principio, mi ha spento l'entusiasmo di leggerlo.
Venendo a me, è innegabile che la Rete ha un certo peso nella mia vita e nel mio lavoro. Ho conosciuto parecchie ottime persone proprio grazie alla Rete, che accorcia le distanze non fisiche in modo drastico e quasi imbarazzante. ;)
Se dovesse venire a mancare da un giorno all'altro, ne sarei destabilizzato, ma non sconvolto.
Siamo in due, allora, sulla destabilizzazione da improvvisa mancanza di rete.
EliminaPosso dirti da quasi ingegnere informatico(potrei prendermi delle pernacchie,diciamo da appassionato di computer)che il livello di realtà virtuale descritto dal libro è praticamente inarrivabile,e lo sarà per molti anni ancora(sinceramente non credo che un calcolatore simulerà mai alla perfezione la realtà).
RispondiEliminaSi pensi solo al fatto che il concetto di realtà virtuale nasce ancor prima della "rete",e lo sviluppo di quest'ultima è stato enormemente più veloce rispetto al campo della realtà virtuale e dell'intelligenza artificiale.C'è poco da fare,l'hardware,e di conseguenza il software,a nostra disposizione pongono un muro quasi invalicabile alla realtà virtuale "ideale".
In un concetto più ampio però c'è chi per realtà virtuale intende una vera e propria seconda vita dentro internet,stile signor anderson/neo,e questa è un'altra storia.
Per quanto mi riguarda,la rete è molto importante,ed è ciò su cui vorrei fosse basato un giorno il mio futuro lavorativo...quindi se da un giorno all'altro "venissero a mancare" tutti i server del mondo...beh,sarei molto scosso ahahah :)
Luigi
Idem...per noi che ci lavoriamo sarebbe un bel problema la mancanza di server e affini. :D
Eliminasi si, bell'articolo, ma tutti stavano aspettando o yu degli spettri o il capolavoro di roberto volpi eh
RispondiEliminaArriveranno...
EliminaSono d'accordo, ormai internet è essenziale.
RispondiEliminaFinora sono quasi sempre riuscito ad accedere alla rete giornalmente e, le poche volte che non ho potuto, mi sono trovato altro da fare.
Per me connettermi è importante ma non fondamentale perchè ho anche altri modi per passare il tempo.
Certo è che non uso internet esclusivamente per passare il tempo, lo uso anche per altri scopi quali l'informazione, scaricare "illegalmente", ecc.
Quando manca la possibilità di connettersi per me non è una catastrofe ma da sicuramente fastidio.
Alla fine ormai condividiamo tutti l'essenzialità della rete.
EliminaIl libro non lo conosco, però capisco il tipo di situazioni che descrive. In effetti credo che sia il sogno più antico dell'uomo: trasformare in realtà tutti i propri sogni. In un mondo virtuale ovviamente è tecnicamente possibile, un uomo che giace sul suo letto sporco, stanco e denutrito, potrebbe essere connesso nel suo cervello in un contesto virtuale in cui vive da milionario in una villa grandiosa piena dove si banchetta ogni giorno. Ma potrebbe definirsi "realtà"?... No, preferisco tenermi la realtà reale, il virtuale va bene solo per brevi istanti.
RispondiEliminaNo, assolutamente no, non potrebbe definirsi "realtà". Anche se qui entriamo nel mero campo filosofico. Citando il buon Morfeus: "Che cos'è reale? Dammi una definizione."
EliminaResta il fatto che alla fine tutti, chi più chi meno, preferiamo "il reale" al virtuale.
Vabbé, tocca a me fare la parte dell'irrecuperabile: senza Internet mi sentirei come un drogato in crisi d'astinenza.
RispondiEliminaUso la Rete per lavoro, per creatività, per svago, per socializzare.
Difficilmente riesco a stare per più di qualche giorno senza connettermi. Ho deviato molti dei miei contatti da cellulare (che odio) a mail, facebook e twitter. Insomma, il Web è parte integrante, se non essenziale, delle mie giornate.
Il reale è ok, ovviamente, ma lo riterrei comunque monco senza la controparte virtuale.
Volevi il nostro parere: ecco questo è il mio, senza maschere o giri di parole :)
Io posso dire di essere a metà strada proprio perchè per esperienza personale capitano periodi in cui non ho accesso a pc, internet e affini. Là per là mi manca, ma poi me ne faccio una ragione e passo ad altro. :)
Eliminaordinato mòmò il libro in biblioteca ^^
RispondiEliminaPoi fammi sapere. :D
EliminaFinito di leggere ieri e devo dire che mi è piaciuto tantissimo ;)
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