11 tocchi.
Tanti sono bastati al più grande giocatori di tutti i tempi per segnare quello che viene riconosciuto come il più bel goal di tutti i tempi.
Perché Diego Armando Maradona è stato il più grande giocatore di tutti i tempi. E solo il più grande giocatore di tutti i tempi poteva avere un impatto incredibile sulla gente, sui suoi tifosi, sull’arte, sulla storia, sulla cultura.
E su sé stesso.
Prendete questo articolo come uno dei pochi “dittatoriali”, spregiudicatamente soggettivi e completamente "di cuore e di pancia". Pur essendo io milanista, qualunque presa di posizione calcistica “altra” rispetto a quella enunciata nella “sinossi” e qui di seguito non sarà presa in considerazione.
Diego Armando Maradona è (stato) il più grande calciatore di tutti i tempi.
Al mondo non c’era e non c’è nessun calciatore estroso, brioso, geniale e trascinatore com’è stato lui.
Quando Maradona faceva Maradona vinceva le partite praticamente da solo.
E da solo ha vinto un mondiale.
E due scudetti. Con una delle squadre “all'estrema periferia” del calcio che contava, il Napoli.
Non mi interessa sentire contraltari su altri calciatori storici, non mi interessa leggere di critiche del kaiser (stile: era drogato. Ma qua si giudica il calciatore, non l’uomo – che per inciso mi sta pure sugli zebedei), né mi interessa scorrere palmarès di ventiquattrenni che hanno vinto “tutto” in una squadra dove se gioco io o giocate voi, per quanto scarsi, nessuno se ne accorgerebbe mai vista la presenza di padreterni.
Maradona è l’essenza del gioco. Il Dio Pallone sceso in terra. Il calcio personificato.
Fine della discussione.
La graphic novel di Paolo Castaldi mi ha molto colpito (tanto da essere stata sicuramente una delle migliori letture fumettistiche dell’anno) perché è molto intelligente. Sarebbe stato molto facile scadere nell’agiografia o nell’esaltazione (che ho appena fatto anch’io) del calciatore Maradona.
Invece i successi, i traguardi, le vittorie, i goal e le partite storiche del Pibe de Oro (soprattutto con la maglia del Napoli e dell’Argentina) sono state utilizzate dall’autore per tratteggiare l’impatto che le imprese di Diego hanno avuto nella vita sociale, culturale, emotiva e anche artistica nella città di Napoli, nei napoletani e, ovviamente, negli argentini.
Negli 11 capitoli della graphic novel, che rimandano agli 11 tocchi di cui parlavamo prima, le gesta di Maradona fanno da contraltare agli umori, alle speranze, ai sogni e ai desideri delle persone che lo seguono. Il capitolo che mi è piaciuto di più è sicuramente il quarto, nel quale ci viene raccontata la storia di questo napoletano emigrato al nord, operaio nell’Eternit di Casale Monferrato (e tutti sappiamo quale macchina di morte fosse quell’impianto) che grazie a Maradona e alla vittoria del Napoli contro la Juventus può finalmente avere quel riscatto morale e sociale che, per un modo o per un altro, gli era sempre stato negato.
Apro una parentesi, piccola piccola.
Quando parlo con le persone che hanno vissuto quel “periodo storico” in cui Maradona era "il Re di Napoli" tutti raccontano sempre (con lo sguardo fiero e gli occhi luccicanti) di come davvero il fuoriclasse argentino fosse il portavoce di un disagio e di un affrancamento atteso da tanti anni. Era il simbolo della speranza, dell’incarnazione del povero che se si impegna può raggiungere il paradiso grazie ai suoi talenti.
E per una città difficile come Napoli, schiacciata dal peso di mille problemi e mille avversità, riuscire a respirare per quell’ora e mezza alla settimana, riuscire a sfidare (e addirittura a vincere) le squadre che per anni e anni hanno rappresentato coloro che per una vita intera li avevano schiacciati e gettati nel fango, era una sorta di rivincita, di vendetta, di gioiosa liberazione.
L’operaio dell’Eternit, coi polmoni pieni di amianto, preso in giro dai piemontesi perché terrone e ignorante, attraverso la vittoria di Maradona, del Napoli (e quindi della sua città) poteva finalmente avere la sua (piccola) rivalsa. Perché quando Maradona giocava, prendeva sulle sue spalle i problemi di tutti i napoletani (e di tutti gli argentini, quando si trattava del mondiale).
E con una giocata, un colpo di genio, “la mano di Dio” e il suo estro, i problemi, alla fine, li risolveva.
Anche solo per 90 minuti.
Insaccando semplicemente un pallone.
Diego Armando Maradona di Paolo Castaldi è una graphic novel assolutamente magistrale e poetica.
Non comprarla sarebbe un delitto.
Tanti sono bastati al più grande giocatori di tutti i tempi per segnare quello che viene riconosciuto come il più bel goal di tutti i tempi.
Perché Diego Armando Maradona è stato il più grande giocatore di tutti i tempi. E solo il più grande giocatore di tutti i tempi poteva avere un impatto incredibile sulla gente, sui suoi tifosi, sull’arte, sulla storia, sulla cultura.
E su sé stesso.
Prendete questo articolo come uno dei pochi “dittatoriali”, spregiudicatamente soggettivi e completamente "di cuore e di pancia". Pur essendo io milanista, qualunque presa di posizione calcistica “altra” rispetto a quella enunciata nella “sinossi” e qui di seguito non sarà presa in considerazione.
Diego Armando Maradona è (stato) il più grande calciatore di tutti i tempi.
Al mondo non c’era e non c’è nessun calciatore estroso, brioso, geniale e trascinatore com’è stato lui.
Quando Maradona faceva Maradona vinceva le partite praticamente da solo.
E da solo ha vinto un mondiale.
E due scudetti. Con una delle squadre “all'estrema periferia” del calcio che contava, il Napoli.
Non mi interessa sentire contraltari su altri calciatori storici, non mi interessa leggere di critiche del kaiser (stile: era drogato. Ma qua si giudica il calciatore, non l’uomo – che per inciso mi sta pure sugli zebedei), né mi interessa scorrere palmarès di ventiquattrenni che hanno vinto “tutto” in una squadra dove se gioco io o giocate voi, per quanto scarsi, nessuno se ne accorgerebbe mai vista la presenza di padreterni.
Maradona è l’essenza del gioco. Il Dio Pallone sceso in terra. Il calcio personificato.
Fine della discussione.
La graphic novel di Paolo Castaldi mi ha molto colpito (tanto da essere stata sicuramente una delle migliori letture fumettistiche dell’anno) perché è molto intelligente. Sarebbe stato molto facile scadere nell’agiografia o nell’esaltazione (che ho appena fatto anch’io) del calciatore Maradona.
Invece i successi, i traguardi, le vittorie, i goal e le partite storiche del Pibe de Oro (soprattutto con la maglia del Napoli e dell’Argentina) sono state utilizzate dall’autore per tratteggiare l’impatto che le imprese di Diego hanno avuto nella vita sociale, culturale, emotiva e anche artistica nella città di Napoli, nei napoletani e, ovviamente, negli argentini.
Negli 11 capitoli della graphic novel, che rimandano agli 11 tocchi di cui parlavamo prima, le gesta di Maradona fanno da contraltare agli umori, alle speranze, ai sogni e ai desideri delle persone che lo seguono. Il capitolo che mi è piaciuto di più è sicuramente il quarto, nel quale ci viene raccontata la storia di questo napoletano emigrato al nord, operaio nell’Eternit di Casale Monferrato (e tutti sappiamo quale macchina di morte fosse quell’impianto) che grazie a Maradona e alla vittoria del Napoli contro la Juventus può finalmente avere quel riscatto morale e sociale che, per un modo o per un altro, gli era sempre stato negato.
Apro una parentesi, piccola piccola.
Quando parlo con le persone che hanno vissuto quel “periodo storico” in cui Maradona era "il Re di Napoli" tutti raccontano sempre (con lo sguardo fiero e gli occhi luccicanti) di come davvero il fuoriclasse argentino fosse il portavoce di un disagio e di un affrancamento atteso da tanti anni. Era il simbolo della speranza, dell’incarnazione del povero che se si impegna può raggiungere il paradiso grazie ai suoi talenti.
E per una città difficile come Napoli, schiacciata dal peso di mille problemi e mille avversità, riuscire a respirare per quell’ora e mezza alla settimana, riuscire a sfidare (e addirittura a vincere) le squadre che per anni e anni hanno rappresentato coloro che per una vita intera li avevano schiacciati e gettati nel fango, era una sorta di rivincita, di vendetta, di gioiosa liberazione.
L’operaio dell’Eternit, coi polmoni pieni di amianto, preso in giro dai piemontesi perché terrone e ignorante, attraverso la vittoria di Maradona, del Napoli (e quindi della sua città) poteva finalmente avere la sua (piccola) rivalsa. Perché quando Maradona giocava, prendeva sulle sue spalle i problemi di tutti i napoletani (e di tutti gli argentini, quando si trattava del mondiale).
E con una giocata, un colpo di genio, “la mano di Dio” e il suo estro, i problemi, alla fine, li risolveva.
Anche solo per 90 minuti.
Insaccando semplicemente un pallone.
Diego Armando Maradona di Paolo Castaldi è una graphic novel assolutamente magistrale e poetica.
Non comprarla sarebbe un delitto.
che giudizio daresti ai disegni? guardando le tavole che hai pubblicato li definirei un po' "particolari"
RispondiEliminaSì, sono molto particolari. Sono un valore aggiunto.
RispondiEliminadiciamo che questo articolo mi msebra un po' di parte ;)
RispondiEliminaNon dimendichiamo la finale di UEFA!!!
RispondiEliminaLa graphic novel non l'ho letta, ma il tuo articolo è bellissimo.
RispondiElimina:)
EliminaGrazie.
Quoto,quoto,quoto l'unico personaggio "letterario" della storia del calcio,il più grande di sempre e non per dire sono juventino :D
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