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ONE PIECE: Com'è cambiato il mercato dei manga (e come si è evoluto dalla pubblicazione del fumetto di Eiichiro Oda)?

Eiichiro Oda è uno dei mangaka più schivi in assoluto. Nonostante il suo manga sia già nella storia della nona arte anche solo per essere il fumetto singolo più venduto di tutti i tempi, si rifiuta di far vedere la sua faccia sino a quando non riterrà di essere diventato un mangaka – a suo dire – veramente grande.
Tuttavia, nonostante la sua indole timida, a causa del ventennale di One Piece ha dovuto partecipare a diversi eventi, e soprattutto, rilasciare una serie ininterrotta di interviste.
Per i fan più accaniti di One Piece, le nuove interviste di Eiichiro Oda sono senza dubbio una miniera d’oro di informazioni riguardanti il “backstage” del manga. Sentir parlare della genesi di alcuni personaggi, di come escono fuori determinate idee, di come l’Eiichiro-sensei mette in pratica diverse tecniche (e anche leggere alcune curiosità spicciole su abitudini, vezzi e manie “di tutti i giorni” riguardanti lui e il suo staff) è senza ombra di dubbio interessantissimo.
Tuttavia, quello che a me ha colpito maggiormente dalle interviste rilasciate da Oda è un altro aspetto.
Un aspetto che sembrerebbe marginale, ma che in realtà denota un epocale cambiamento all’interno dell’industria dei fumetti giapponesi, e di come sono cambiati i rapporti tra un autore di successo e la casa editrice per cui lavora.
Pronti a scoprire di cosa si tratta?


Il rapporto tra Oda e i suoi editor infatti mostrano come l’industria del Manga sia profondamente cambiata. Anche solo vent’anni fa non avremmo mai potuto leggere cose come:

- Oda dice ai suoi editor che si prenderebbe cura della loro famiglia se l’editor si dovesse ammalare o ferire per il troppo lavoro.

- Oda si lamenta perché il suo attuale editor, Naito, è il più sommesso con cui abbia mai lavorato. Anche quando Naito si complimenta con lui per un capitolo interessante, Oda fatica a credergli. Secondo Oda, Sugita era il miglior editor da questo punto di vista. Dopo i consigli di Oda, l’atteggiamento sommesso di Naito è molto migliorato nel giro di 2 settimane.

- Quando Oda ha conosciuto l’editor Hattori, gli ha chiesto se era sposato o fidanzato. Hattori ha risposto che sua moglie era incinta, perciò Oda gli ha detto che non si sentiva di oberarlo di lavoro. Hattori si è sorpreso, perché pensava che Oda fosse molto rigido con gli editor.

Gli editor di Oda...

L’editor che lavora in una casa editrice di fumetti, infatti, nasce storicamente come “controllore” della casa editrice nei confronti dell’artista che produce fumetti per lei. Dichiarazioni del genere sarebbero state impensabili fino a qualche anno fa, ma chiaramente l’industria del fumetto nipponica è evoluta a tal punto che se prima il mangaka aveva una posizione di subordinazione nei confronti della casa editrice per cui lavorava – nonostante fosse, a tutti gli effetti, un “libero professionista”- , adesso è il mangaka (soprattutto di successo) a tenere le redini del gioco a 360°.

Le dichiarazioni di Eiichiro Oda, a questo proposito, sono inequivocabili.
Ma basta anche pensare a come si comportano, professionalmente parlando, artisti del calibro di Miura, Togashi o Araki (che impongono alla casa editrice i loro tempi di lavoro, consapevoli di avere una posizione privilegiata dovuta dal prestigio e dalle vendite del passato), per capire come l’industria del fumetto nipponico abbia subito una rivoluzione non da poco.

Come dicevamo poco più sopra, l’editor di fumetti come figura professionale nasce (intorno agli anni 60) nel momento in cui le case editrici si rendono conto che hanno bisogno di mediare con i maestri del Manga per produrre fumetti di maggiore qualità – e di interesse sempre più ampio. In quegli anni, i fumetti nel Sol Levante non sono solo generatori spontanei di cultura – dato che possono vantare al loro servizio maestri del calibro di Tezuka, Matsumoto, Shirato, Ishinomori, Tatsumi o Mizuki -, ma sono enormi (DAVVERO ENORMI) generatori di profitti.


Autori d'annata di un certo livello...

Per massimizzare le entrate, le case editrici decidono di lasciare una maggiore libertà creativa agli autori (che aprono dei piccoli studi di produzione professionali in proprio, circondandosi di aiutanti e assistenti per velocizzare il lavoro), a patto di essere seguiti, passo passo, da persone che mantengano i contatti tra loro. L’editor quindi diventa una figura estremamente importante nella creazione del fumetto: da un lato deve esercitare sull’autore le pressioni necessarie affinché tenga fede ai contratti stipulati con la casa editrice, mentre dall’altro lato deve aiutare oggettivamente e criticamente l’autore a migliorare i contenuti delle sue storie, per soddisfare un mercato sempre più esigente.

Insomma, da un punto di vista “tecnico”, l’editor sembrerebbe una figura subordinata sia all’autore che alla casa editrice. Una figura di mezzo, senza alcun potere decisionale.
Da un punto di vista pratico, invece, la sua posizione “di mediatore” gli permette sin da subito di ricavare il massimo da entrambe le parti, divenendo in poco tempo la figura cardine dell’intero processo realizzativo del fumetto in Giappone.

È l’editor che decide se e quando un mangaka è pronto per la pubblicazione.
È l’editor che decide se una serie avrà successo o meno.
È l’editor che decide i ritmi di lavoro.
È l’editor che, in buona sostanza, fa andare avanti il mondo dei fumetti.


Cestinato! (cit.)

Questo tipo di gestione, negli anni 60, consente all’industria del fumetto giapponese di passare da magazine mensili a quelli settimanali, decuplicare i loro introiti e fare della nona arte la punta di diamante della produzione artistica nazionale. Molti studiosi ritengono che la scuola cinematografica giapponese, nonostante abbia sfornato geni mondiali del calibro di Kurosawa e Ozu, non abbia mai spiccato il volo e raggiunto una vera maturità artistica a causa proprio del boom del fumetto, che visti anche i costi molto bassi, era un tipo di arte che poteva essere prodotta e acquistata a bassissimi costi.

Tra gli anni 80 e 90, complici anche le trasposizione animate delle serie a fumetti più famose, l’industria del manga vive il suo periodo d’oro. Gli editor, in questo periodo, sono all’apice del loro potere decisionale. Avere alle spalle decenni di successi e di studi di settore riguardanti la settorializzazione dei target di lettura consente loro di capire il mercato e indirizzare i lettori verso quei prodotti che più si confanno alle loro esigenze.
Massimizzando i profitti.


DOOOOOOOON!

In questo periodo, l’editor sembra davvero un tiranno.
E l’autore di fumetti non può fare altro che sottostare ai capricci del suo “controllore”, fosse anche l’autore di manga più famoso del paese. Impossibile non citare, in questo caso, il leggendario rapporto tra Akira Toriyama e il suo editor, Kazuo Torishima, il quale, nonostante Dottor Slump e Arale prima, e Dragon Ball poi fossero (a quel tempo) i due fumetti più venduti di tutti i tempi, non mancava mai di pressare, stressare e logorare fino allo sfinimento il povero Toriyama.

Poi qualcosa, a metà degli anni 90, si rompe.
I due più grandi successi di pubblico e di vendita, Dragon Ball e Slam Dunk, finiscono. E secondo alcuni studiosi di economia, complici anche i nuovi media videoludici, le vendite di manga crollano.
Gli editor non sanno più cosa fare per arginare il collasso delle vendite. Danno la possibilità a nuovi autori di affacciarsi sul mercato, nella speranza di trovare i “nuovi” Toriyama e Takehiko Inoue, e allo stesso tempo chiudono serie storiche e datate, nella speranza di rinverdire il tutto.
E i nuovi autori se ne accorgono.


La storia di questa foto è nota*

Capiscono che se è vero che l’editor è una figura fondamentale per gli introiti del mercato del fumetto, sono loro il vero motore del fumetto giapponese. E negli ultimi 20 anni, pian piano, un poco alla volta, ottenendo concessioni su concessioni, hanno ripreso in mano il ruolo cardine – e la libertà creativa e realizzativa – che avevano i grandi maestri del passato.

Ecco come si spiegano certe dichiarazioni di Oda nei confronti dei suoi editor. Oggigiorno, è Oda a dettare le condizioni alla casa editrice per cui lavora, forte del successo e dei numeri ottenuti dal suo manga, ONE PIECE, permettendosi di scegliere tempistiche di lavoro, numero di assistenti, numero di editor (e finanche quando prendersi una meritata settimana di pausa).
Questo non esclude il fatto che Oda sia un pazzo maniaco fissato col suo lavoro (e questo risulta evidente sempre leggendo le sue dichiarazioni). Rimane il fatto che, fino a qualche anno fa, nessun autore si sarebbe mai permesso di dire certe cose sul conto dei suoi editor.

Né di dichiarare candidamente che non sarebbe una cosa così importante se, da un giorno all’altro, vuoi per un malanno, vuoi per stanchezza, decidesse di chiudere One Piece in anticipo…

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*Generalmente, sulla terza di copertina di un manga, viene pubblicata una foto dell'autore che dice qualcosa di stupido. Nonostante le pressioni di Torishima, Akira Toriyama non aveva ancora mandato la sua foto. Si vergognava, non voleva farsi vedere dai lettori. Torishima fu perentorio: "O mi mandi la foto, o non pubblichiamo il nuovo volume di Dottor Slump e Arale". Toriyama pensò a una furbata. Se avesse mandato a Torishima un qualcosa di "sconcio" o "volgare", non lo avrebbero MAI pubblicato. Così pensò di farsi fotografare mentre faceva pipì, credendo che quella foto sarebbe stata inutilizzabile.
Torishima, naturalmente, la pubblicò immediatamente.

6 commenti:

  1. Bell'articolo Sommo!A questo punto ti chiedo, cosa ne pensi della rappresentazione fatta in Bakuman della struttura e dei rapporti tra autori-> editor -> capi ?

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  2. Ottimo articolo, un dietro le quinte molto interessante e veritiero.
    Hai citato Miura, e non a caso. E' vero: molte cose sono cambiate per chi fa grandi numeri o ha grande successo di genere. Però appunto penso che per altri non sia così... :)

    Moz-

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  3. Si vede proprio che Oda ci tiene ancora al suo lavoro. Potrebbe dormire sulla bambagia e approfittarne della posizione...
    In ogni caso, ottimo articolo!

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