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Il sonno degli Italiani

"E’ nel sonno della pubblica coscienza che maturano le dittature." Alexis De Tocqueville
"Il sonno della ragione genera mostri." Francisco Goya
"Il sonno degli italiani genera mariuoli (e non solo)" Angelo Cavallaro

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Estate: tempo di lettura! (di fumetti)

Per molti l'estate è il momento giusto per godersi in santa pace un buon libro (leggero) sotto l'ombrellone. Io che l'estate e la calura la odio e la rifuggo come un vampiro (di quelli veri) rifugge la luce del giorno, d'estate non tocco libri (se non raccolte di racconti o romanzi leggeri leggeri che più leggeri non si può).
Il caldo e l'afa non mi fanno concentrare, e quindi per me la lettura di libri si ferma fino a settembre.

Ma non si ferma la lettura, poichè entrano prepotentemente in gioco i fumetti.
D'estate mi ritrovo sempre con una valanga di fumetti arretrati accumulati durante l'anno. Sarà che sono "aiutato" dai disegni, ma i fumetti d'estate li reggo bene. Anche quelli "pesanti e filosofici" stile Watchmen, tanto per citarne uno.
E voi che fate d'estate? Leggete? Non leggete?

Ps: come vedete il caldo comincia ad incidere prepotentemente anche sulla natura qualitativa dei post di questo piccolo blog...

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La Foto della Settimana

Quando si dice: "Il Motore di Ricerca più figo che ci sia!"

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Invictus di William Ernest Henley

Dal profondo della notte che mi avvolge,
buia come il pozzo più profondo che va da un polo all'altro,
ringrazio gli dei chiunque essi siano
per l'indomabile anima mia.

Nella feroce morsa delle circostanze
non mi sono tirato indietro né ho gridato per l'angoscia.
Sotto i colpi d'ascia della sorte
il mio capo è sanguinante, ma indomito.

Oltre questo luogo di collera e lacrime
incombe solo l'Orrore delle ombre,
eppure la minaccia degli anni
mi trova, e mi troverà, senza paura.

Non importa quanto sia stretta la porta,
quanto piena di castighi la vita.
Io sono il padrone del mio destino:
io sono il capitano della mia anima.

Non sono un tipo da poesie: ma questa che ho sentito guardando l'omonimo film di Clint Eastwood ieri sera, l'ho trovata davvero magniloquenta.

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Prince of Persia: Recensione

Ormai questo piccolo blog è anche un po' suo.
Le recensioni cinematografe di Raffaele El Rafko Sergi sono di una chiaritudine e una puntualezza estrema. Indi per cui, la quale poscia, oggi vi lascio in compagnia del fantomatico Principe di Persia.
Buona lettura!

Gradevole ed inaspettata sorpresa del cinema videoludico. Nonostante la tradizione cinematografica per quel che concerne le trasposizioni dei videogiochi su pellicola sia tutt'altro che favorevole, "Prince of Persia - Le sabbie del tempo" si rivela essere invece un buon prodotto, leggero, spassoso e poco invadente, riuscendo ad impressionare in maniera straordinariamente positiva nonostante le scarse aspettative iniziali.

Certo, paragonato a determinati capolavori magari sembrerà non più di una misera formichina. Ma vedendolo nel suo insieme, in un'ottica disinteressata e povera di impegno, lo si apprezza e lo si gusta molto volentieri. Ogni elemento, considerando il target, il soggetto, la scenografia e la sceneggiatura, trova una posizione precisa all'interno di un puzzle estremamente ricco e variegato, rappresentando un tassello che, se preso singolarmente esprime all'apparenza banalità dicendo ben poco da un punto di vista tecnico, assieme agli altri assume invece diverso spessore, mettendo in risalto la bravura e l'intelligenza dello staff che ha dato alla luce il film.

I fans sfegatati del gioco magari potranno biasimare una certa mancanza di azione o un'ispirazione un po' scarsa dagli eventi della storia che ha fatto la fortuna della trilogia videoludica, ma va bene così: un gioco come "Prince of Persia" d'altronde è fatto di sola azione, con la giocabilità riservata unicamente al personaggio del principe e rapporti interpersonali praticamente a zero. Strutturare un film in base a concetti del genere è assolutamente impossibile per motivi logici: verrebbe meno la trama stessa riducendo il tutto a sole, sterili sequenze di inutili combattimenti.

E poi c'è ben poco da rimproverare alla storia: è coinvolgente, commerciale e scanzonata quanto basta, intrigante ed intelligente. La trama tutto sommato ha un buon intreccio, sfruttando elementi stereotipati ma non banali, roba vista e rivista ma ben intercalata all'interno del film, avviandosi su una strada bilanciata fra momenti di spassionata leggerezza a sequenze un po' più serie ed interessanti. Il tutto, fra introduzione, svolgimento e finale, segue un ordine preciso e ben assettato.

Cosa convince maggiormente del film? Anzitutto, oltre quanto già detto, la facilità di comprensione: la storia si regge sulle proprie gambe senza barcollare, riuscendo a farsi capire anche dallo spettatore meno attento ed appassionato. Non è una cosa da poco, se considerato il soggetto: la sceneggiatura, traendo ispirazione dal videogioco di Prince of Persia attraverso un'interpretazione abbastanza libera, è stata scritta sicuramente bene e può essere considerata un ottimo successo, nell'ottica globale del lungometraggio. E lo sfondo caldo ed esotico del Marocco, luogo in cui il film è stato girato, coi suoi colori accoglienti ed accesi in un perenne effetto seppia, è il punto di forza di una scenografia ammirevole ed accattivante, costellata da effetti speciali che, seppur in quantità non elevata, son parecchio efficaci, e non minano alla genuinità stessa del film.
Inoltre, bisogna tener conto del buon gusto della regia per quanto riguarda la fase realizzativa, che (nonostante a volte sembra aprire apertamente dei richiami al conflitto fra USA e medioriente) ha avuto la compiacenza di mostrare dei personaggi di etnia mediorientale come principi, cavalieri e guerrieri d'onore, anziché dei terroristi, come giustamente temeva la critica. In questo caso si può sicuramente parlare di scommessa vinta, e di rischio evitato.

Fra i difetti in generale, da segnalare sono alcune mancanze che in ogni caso non creano particolari disagi. Le stesse "sabbie del tempo" ad esempio, pur fungendo da motore degli eventi dando intrigo e rilievo alla storia (nonché il titolo al film stesso), hanno un ruolo un po' troppo passivo ed assente per diversi tratti, mettendo in secondo piano alcuni elementi fondamentali della storia; se curati con appena un pizzico di interesse in più, e resi maggiormente presenti, avrebbero sicuramente giovato al film. Lo stesso pugnale del tempo viene utilizzato sporadicamente, ed il principe Dastan non ha moltissime occasioni di mettere in mostra le sue eccezionali doti fisiche, pur dimostrandosi più volte uno straordinario guerriero. Un pizzico di magia in più, inoltre, non avrebbe guastato.

Sembra discreta anche la gestione dei personaggi e dei rispettivi interpreti. Se da un lato il principe di Jake Gyllenhaal (famoso soprattutto per l'interpretazione in "I segreti di Brokeback Mountain" con Heath Ledger) appare un po' forzato e con lineamenti non perfetti per la parte, dall'altro viene ben compensato dalla bellezza della principesa Tamina, alias Gemma Arterton, dalla simpatia dello sceicco Amar (un bravissimo Alfred Molina, spesso protagonista di alcune scene esilaranti) e soprattutto dalla caratterizzazione del villain, il temibile e perfido Nizam (il premio Oscar Ben Kingsley è perfetto), che però per buona parte del film viene messo in secondo piano, quasi come un elemento alienante e di scarsa importanza. Il padre ed i fratelli del principe, costruiti ad arte per necessità narrativa, adempiono egregiamente al loro dovere, mettendo in risalto valori positivi e tematiche quali l'onore, la fiducia, la saggezza ed il sentimento di fratellanza e di rispetto reciproco, in maniera forse un po' scontata ma non per questo poco incisiva.

Fra i soliti detrattori di turno, sono da registrare due critiche importanti che il film ha ricevuto: un richiamo neanche troppo velato all'Iraq ed alle missioni di pace/guerra in seguito alla ricerca delle armi ha fatto parecchio discutere, così come le accuse di razzismo, dovute al fatto che la produzione non ha ingaggiato nessun attore asiatico tra il cast. Scelta magari opinabile, ma da rispettare: in fondo, l'aspetto globale del film possiede già un sapore esotico e "sabbioso", sarebbe stato inutile aggiungerne ancora attraverso un cast fisicamente più adatto. E non va scordato, in fondo, che molti personaggi, attraverso trucco e costumi vari, rispecchiano bene il tipico mediorientale. Forse mancano alcuni aspetti caratteristici come rituali e consuetudini varie del posto e dell'epoca, ma probabilmente avrebbero creato delle stonature, in un film che si classifica fra il genere avventuroso e fantastico.

Convincenti sia il doppiaggio italiano che le tracce musicali del solito Harry Gregson-Williams. Un plauso anche alla buona regia di Mike Newell.

Valutazione di manica un po' larga, che vuole premiare la sorprendente gradevolezza del film.

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I videogiochi fanno bene!

Se ne sono accorti dopo più di vent'anni.
Ma alla fine se ne sono accorti. Anche gli studiosi.
Secondo questo articolo, i videogames fanno bene all'intelletto, stimolano la riflessione e influenzano arte, musica e cultura.

Ma che i videogiochi fossero arte, musica e cultura era risaputo, e da tempo.
Erano già delle piccole perle quei videogiochi antichi, lineari e bidimensionali come Arkanoid e Tetris!
E col passare del tempo, la naturale evoluzione della tecnologia ha permesso ai videogiochi di evolversi in maniera sempre più eclatante.

Seconda metà degli anni '80. Ero poco più che un frugoletto.
Ricordo i videogiochi da sala nel bar della spiaggia: frotte di ragazzini in fila per sfidarsi a botte di mezzelune, hadoken e shoryuken nel cult dei cult dei picchiaduro. Street Fighter II attirava, ed aggregava. Bambini della mia età giocavano tranquillamente con ragazzi di 15 anni. E se il bambino era bravo, il 15enne veniva pure battuto.

Gli anni '90 hanno visto la commercializzazione massiccia delle consolle. Se il primo Nintendo 8 bit negli anni '80 era appannaggio per pochi eletti, Super Nintendo e Sega Mega Drive entrarono di forza nelle case dei bambini e dei ragazzi. Senza dimenticarci di minicomputer come l'Amiga o il Commodore.

Io comunque ho sempre preferito il Porcospino Blu Supersonico di casa Sega all'Idraulico Baffuto della Nintendo. Sta di fatto che i giochi delle consolle in 16 bit erano già allora leggendari.
Titoli come Sonic, Street Fighter II Plus, Streets of Rage mi sono rimasti nel cuore. E fino a qualche anno fa, tiravo ancora fuori il mio Sega Mega Drive per farmi una partita.

Poi è cominciata l'era della tridimensionalità: Nintendo 64, Playstation, XBox ed evoluzioni varie.
Ma anche allora, nonostante i videogiochi offrissero un'esperienza ludica profonda e longeva, erano ancora valutati solo come semplici passatempi.

Passatempi che non facevano dormire persone adulte.
Ricordo alcuni papà di alcuni amici miei che non facevano altro che pensare a come sbloccare e superare gli enigmi del primo Tomb Raider o passare giornate intere ad accumulare punti e macinare km sulle auto potenziate di Gran Turismo.

Adesso, l'esperienza videoludica è talmente vivida e reale, che sembra quasi di "giocare" in un film.
Ieri ho collegato per la prima volta la Ps3. Ho inserito God of War 3.
E sono rimasto stupefatto.

Non sapevo se dovevo giocare o guardarmi le scene di gioco. Paradossalmente avrei preferito che ci fosse un altra persona a giocare al posto mio, solo per godermi lo spettacolo, tanto sembrava reale e coinvolgente.

Per cui, sì: i videogiochi fanno bene. E sono davvero delle opere d'arte contemporanea.

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Perchè passare all'eBook e all'eReader - Volume III

Il terzo motivo per cui il Lettore Verace/Vorace dovrebbe passare al "Lato Oscuro" della lettura rappresentato dall'eBook e dall'eReader è di mera comodità.
Sebbene l'eBook sia ancora una via editoriale totalmente sconosciuta qui in Italia (molti non sanno nemmeno cosa sia un eBook o un eReader), è già possibile reperire una quantità pressocchè infinita di libri in formato elettronico nell'italico idioma.

Certo: in rete non troverete forse l'eBook best seller uscito ieri in libreria.
Ma abbiate fiducia e pazienza. Tempo un paio di mesi, e anche il più oscuro dei volumi della serie "Giovanni e il segreto dell'Arco Fantasma" sarà più o meno reperibile.

Ma tutto questo preambolo a che è servito?

Per provare a farvi capire una cosa.
Ovvero che l'eBook - assieme all'eReader - è una via di lettura molto comoda. Oltre a darti la possibilità di avere la tua biblioteca personale sempre a portata di mano, come dicevamo la scorsa settimana, ti permette di leggere di più.

E leggere (di più) come vuoi, quando vuoi, ma soprattutto, dove vuoi, non ha prezzo.

Prima dell'acquisto del Sony PRS, non leggevo mai 2 o 3 libri nello stesso momento. Con il lettore eBook invece è diventato quasi una cosa "naturale".

Quando sono in metropolitana, quando ho quei 5 minuti di "nulla", quando vado alla Posta o in Banca e devo aspettare...Accendo il mio lettore eBook. E se non ho voglia di continuare la mia lettura canonica consistente nel libro che sto leggendo in quel momento, ho a disposizione tantissime altre cose da leggere e ho solo l'imbarazzo della scelta.

Senza contare la praticità e la comodità materiale dell'eReader.
Molto spesso, quando mi trovavo a leggere mattoni del tipo "Il Conte di Montecristo" o "Delitto e Castigo", ero restio a portarmeli dietro.
Sia perchè pesavano.
Sia perchè nello zaino ingombravano.
Sia perchè, a meno che non sei stravaccato sul divano di casa tua, questi "mattoni" sono scomodi da leggere.

L'eReader invece no.
E' pratico. E' leggero. E' maneggevole.
Pesa poco e non occupa quasi spazio.

In definitiva, è una piccola manna dal cielo.
E oltre ai libri, mi permette di leggere tutti quei fumetti che per motivi di natura economica non potevo comprare.

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La foto della Settimana: Prospettiva

Ancora una volta,  la foto della settimana è una bellissima DeMotivational.
E il suo messaggio è quanto mai veritiero...

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2 Giugno: Festa della Repubblica (?)

L'Italia (della seconda) Repubblica (? Democratica?) fondata sulle stragi e gli attentati di Mafia del '92/93.

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Recensione: Iron Man 2

Ancora una volta, sono orgoglione di ospitare su questi lidi de "Il Viagra della Mente", il prode Raffaele "El Rafko" Sergi, che come al solito delizia i nostri raffinati palati con una sua recensione cinematografa.

Oggi tocca a Uomo di Ferro Due.
Buona lettura!

Ultimo arrivato in casa Marvel per quel che concerne la produzione cinematografica, "Iron Man 2" si presenta subito al pubblico come un successo assicurato. Seguendo fedelmente la strada del riuscitissimo prequel, dando però l'impressione di perdere di misura il confronto con il primo "Iron Man", presenta una serie di elementi che riescono a convincere, del tutto o in parte, sia pubblico che critica.

Come ogni film tratto dal fumetto di un supereroe della casa Marvel, la trama di "Iron Man 2" colpisce per la semplicità e la facilità con la quale riesce ad arrivare allo spettatore, conquistandolo. Parecchio scanzonata e liscia, priva di particolari momenti di elucubrazioni mentali o di piani brillanti ed imprevedibili, la sceneggiatura tenta di agire ad ampio spettro sul pubblico, nel tentativo di farsi prendere e comprendere dalla più ampia fascia d'età possibile.

Se da una parte questo fattore assicura un successo commerciale indiscutibile (e gli incassi già da soli parlano chiaro), dall'altra non può che lasciare un'amara briciola di delusione, non solo per chi è fan sfegatato del supereroe in sé, ma anche di quegli appassionati medio/grandi di cinema. Perché "Iron Man 2", come "Iron Man" prima di lui, e come anche le trilogie di Spiderman e degli X-Man prima ancora, si ferma qui. Ha un limite, piuttosto netto e marcato, che impedisce all'intera storia di sfociare in un'ambito più adulto, più serio, perdendosi in gag che sono sì esilaranti, ma che di fatto sanciscono un termine che difficilmente la Marvel valicherà.

Trama che non brilla dunque per azione, eccetto alcune scene spettacolari nelle quali gli effetti speciali, di livello veramente elevato, non passano inosservati. Pecca in generale di staticità, senza comunque annoiare: l'interesse resta sempre abbastanza alto, ma poche volte si percepisce quel senso di dinamicità e potenza che invece si può apprezzare, e non poco, nel primo "Iron Man". Si ha anche l'impressione che alcune scene, dall'andamento probabilmente un po' forzato, siano state messe lì in mezzo appositamente per cercare di dare una piccola scossa fra una situazione e l'altra. Ed in questo caso il montaggio è sicuramente più che riuscito: gli eventi si collegano bene fra loro, senza creare stonature fastidiose, lasciando intatto il proseguio della storia.

Rispetto al prequel però sembra presentarsi qualche nota di incoerenza, un po' per un leggero cambio di direzione, che tenta di avviare tutto il film verso un progetto Marvel più grande (i cosiddetti "Vendicatori", dove probabilmente troveremo molti supereroi visti al cinema negli ultimi anni), un po' per la caratterizzazione di alcuni personaggi. Tony Stark, interpretato da un bravissimo Robert Downey Jr., è sicuramente un protagonista eccezionale, ma sembra perdere spessore rispetto al film di due anni fa. Inoltre, ponendosi pur sempre come fulcro dell'intera storia, i suoi legami con gli altri personaggi sembrano meno stabili e più disordinati rispetto al primo "Iron Man". Il film insomma sembra essere meno "starkcentrico", lasciando che gli svantaggi del caso, seppur di poco, superino i vantaggi.

Chi non convince fra i vari interpreti è la Natasha Romanoff (alias Vedova Nera nei fumetti) di Scarlett Johansson. Messa in mezzo probabilmente per uno slancio futuro, con la possibilità di qualche spin-off o comunque di una partecipazione più rilevante nei prossimi film targati Marvel, il personaggio trova poco spazio e scarsa caratterizzazione, risultando inconsistente, quasi inutile. Su un altro piano invece il Nick Fury di Samuel Jackson, che quasi sicuramente verrà meglio approfondito in futuro. Sprecato (ed è veramente un peccato) War Machine/Jim Rhodes, con un discreto Don Cheadle al quale però preferivo, e non di poco, il Terrence Howard del primo film. Perfetto il villain, con un Mickey Rourke veramente rigenerato dopo il periodo buio della sua carriera. Peccato però che nel finale venga smorzato, anche sotto questo punto di vista preferisco "Iron Man 1". Gwyneth Paltrow si conferma egregiamente nei panni di "Pepper" Pots.

Nulla da eccepire alla traccia musicale, alta e potente, e neppure al doppiaggio, veramente ottimo. Il risultato complessivo dunque è soddisfacente, pur con alcuni difetti che, se corretti, avrebbero innalzato la qualità di un film spassionatamente consigliato.

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