Ormai questo piccolo blog è anche un po' suo.
Le recensioni cinematografe di Raffaele El Rafko Sergi sono di una chiaritudine e una puntualezza estrema. Indi per cui, la quale poscia, oggi vi lascio in compagnia del fantomatico Principe di Persia.
Buona lettura!
Gradevole ed inaspettata sorpresa del cinema videoludico. Nonostante la tradizione cinematografica per quel che concerne le trasposizioni dei videogiochi su pellicola sia tutt'altro che favorevole, "Prince of Persia - Le sabbie del tempo" si rivela essere invece un buon prodotto, leggero, spassoso e poco invadente, riuscendo ad impressionare in maniera straordinariamente positiva nonostante le scarse aspettative iniziali.
Certo, paragonato a determinati capolavori magari sembrerà non più di una misera formichina. Ma vedendolo nel suo insieme, in un'ottica disinteressata e povera di impegno, lo si apprezza e lo si gusta molto volentieri. Ogni elemento, considerando il target, il soggetto, la scenografia e la sceneggiatura, trova una posizione precisa all'interno di un puzzle estremamente ricco e variegato, rappresentando un tassello che, se preso singolarmente esprime all'apparenza banalità dicendo ben poco da un punto di vista tecnico, assieme agli altri assume invece diverso spessore, mettendo in risalto la bravura e l'intelligenza dello staff che ha dato alla luce il film.
I fans sfegatati del gioco magari potranno biasimare una certa mancanza di azione o un'ispirazione un po' scarsa dagli eventi della storia che ha fatto la fortuna della trilogia videoludica, ma va bene così: un gioco come "Prince of Persia" d'altronde è fatto di sola azione, con la giocabilità riservata unicamente al personaggio del principe e rapporti interpersonali praticamente a zero. Strutturare un film in base a concetti del genere è assolutamente impossibile per motivi logici: verrebbe meno la trama stessa riducendo il tutto a sole, sterili sequenze di inutili combattimenti.
E poi c'è ben poco da rimproverare alla storia: è coinvolgente, commerciale e scanzonata quanto basta, intrigante ed intelligente. La trama tutto sommato ha un buon intreccio, sfruttando elementi stereotipati ma non banali, roba vista e rivista ma ben intercalata all'interno del film, avviandosi su una strada bilanciata fra momenti di spassionata leggerezza a sequenze un po' più serie ed interessanti. Il tutto, fra introduzione, svolgimento e finale, segue un ordine preciso e ben assettato.
Cosa convince maggiormente del film? Anzitutto, oltre quanto già detto, la facilità di comprensione: la storia si regge sulle proprie gambe senza barcollare, riuscendo a farsi capire anche dallo spettatore meno attento ed appassionato. Non è una cosa da poco, se considerato il soggetto: la sceneggiatura, traendo ispirazione dal videogioco di Prince of Persia attraverso un'interpretazione abbastanza libera, è stata scritta sicuramente bene e può essere considerata un ottimo successo, nell'ottica globale del lungometraggio. E lo sfondo caldo ed esotico del Marocco, luogo in cui il film è stato girato, coi suoi colori accoglienti ed accesi in un perenne effetto seppia, è il punto di forza di una scenografia ammirevole ed accattivante, costellata da effetti speciali che, seppur in quantità non elevata, son parecchio efficaci, e non minano alla genuinità stessa del film.
Inoltre, bisogna tener conto del buon gusto della regia per quanto riguarda la fase realizzativa, che (nonostante a volte sembra aprire apertamente dei richiami al conflitto fra USA e medioriente) ha avuto la compiacenza di mostrare dei personaggi di etnia mediorientale come principi, cavalieri e guerrieri d'onore, anziché dei terroristi, come giustamente temeva la critica. In questo caso si può sicuramente parlare di scommessa vinta, e di rischio evitato.
Fra i difetti in generale, da segnalare sono alcune mancanze che in ogni caso non creano particolari disagi. Le stesse "sabbie del tempo" ad esempio, pur fungendo da motore degli eventi dando intrigo e rilievo alla storia (nonché il titolo al film stesso), hanno un ruolo un po' troppo passivo ed assente per diversi tratti, mettendo in secondo piano alcuni elementi fondamentali della storia; se curati con appena un pizzico di interesse in più, e resi maggiormente presenti, avrebbero sicuramente giovato al film. Lo stesso pugnale del tempo viene utilizzato sporadicamente, ed il principe Dastan non ha moltissime occasioni di mettere in mostra le sue eccezionali doti fisiche, pur dimostrandosi più volte uno straordinario guerriero. Un pizzico di magia in più, inoltre, non avrebbe guastato.
Sembra discreta anche la gestione dei personaggi e dei rispettivi interpreti. Se da un lato il principe di Jake Gyllenhaal (famoso soprattutto per l'interpretazione in "I segreti di Brokeback Mountain" con Heath Ledger) appare un po' forzato e con lineamenti non perfetti per la parte, dall'altro viene ben compensato dalla bellezza della principesa Tamina, alias Gemma Arterton, dalla simpatia dello sceicco Amar (un bravissimo Alfred Molina, spesso protagonista di alcune scene esilaranti) e soprattutto dalla caratterizzazione del villain, il temibile e perfido Nizam (il premio Oscar Ben Kingsley è perfetto), che però per buona parte del film viene messo in secondo piano, quasi come un elemento alienante e di scarsa importanza. Il padre ed i fratelli del principe, costruiti ad arte per necessità narrativa, adempiono egregiamente al loro dovere, mettendo in risalto valori positivi e tematiche quali l'onore, la fiducia, la saggezza ed il sentimento di fratellanza e di rispetto reciproco, in maniera forse un po' scontata ma non per questo poco incisiva.
Fra i soliti detrattori di turno, sono da registrare due critiche importanti che il film ha ricevuto: un richiamo neanche troppo velato all'Iraq ed alle missioni di pace/guerra in seguito alla ricerca delle armi ha fatto parecchio discutere, così come le accuse di razzismo, dovute al fatto che la produzione non ha ingaggiato nessun attore asiatico tra il cast. Scelta magari opinabile, ma da rispettare: in fondo, l'aspetto globale del film possiede già un sapore esotico e "sabbioso", sarebbe stato inutile aggiungerne ancora attraverso un cast fisicamente più adatto. E non va scordato, in fondo, che molti personaggi, attraverso trucco e costumi vari, rispecchiano bene il tipico mediorientale. Forse mancano alcuni aspetti caratteristici come rituali e consuetudini varie del posto e dell'epoca, ma probabilmente avrebbero creato delle stonature, in un film che si classifica fra il genere avventuroso e fantastico.
Convincenti sia il doppiaggio italiano che le tracce musicali del solito Harry Gregson-Williams. Un plauso anche alla buona regia di Mike Newell.
Valutazione di manica un po' larga, che vuole premiare la sorprendente gradevolezza del film.
Le recensioni cinematografe di Raffaele El Rafko Sergi sono di una chiaritudine e una puntualezza estrema. Indi per cui, la quale poscia, oggi vi lascio in compagnia del fantomatico Principe di Persia.
Buona lettura!
Gradevole ed inaspettata sorpresa del cinema videoludico. Nonostante la tradizione cinematografica per quel che concerne le trasposizioni dei videogiochi su pellicola sia tutt'altro che favorevole, "Prince of Persia - Le sabbie del tempo" si rivela essere invece un buon prodotto, leggero, spassoso e poco invadente, riuscendo ad impressionare in maniera straordinariamente positiva nonostante le scarse aspettative iniziali.
Certo, paragonato a determinati capolavori magari sembrerà non più di una misera formichina. Ma vedendolo nel suo insieme, in un'ottica disinteressata e povera di impegno, lo si apprezza e lo si gusta molto volentieri. Ogni elemento, considerando il target, il soggetto, la scenografia e la sceneggiatura, trova una posizione precisa all'interno di un puzzle estremamente ricco e variegato, rappresentando un tassello che, se preso singolarmente esprime all'apparenza banalità dicendo ben poco da un punto di vista tecnico, assieme agli altri assume invece diverso spessore, mettendo in risalto la bravura e l'intelligenza dello staff che ha dato alla luce il film.
I fans sfegatati del gioco magari potranno biasimare una certa mancanza di azione o un'ispirazione un po' scarsa dagli eventi della storia che ha fatto la fortuna della trilogia videoludica, ma va bene così: un gioco come "Prince of Persia" d'altronde è fatto di sola azione, con la giocabilità riservata unicamente al personaggio del principe e rapporti interpersonali praticamente a zero. Strutturare un film in base a concetti del genere è assolutamente impossibile per motivi logici: verrebbe meno la trama stessa riducendo il tutto a sole, sterili sequenze di inutili combattimenti.
E poi c'è ben poco da rimproverare alla storia: è coinvolgente, commerciale e scanzonata quanto basta, intrigante ed intelligente. La trama tutto sommato ha un buon intreccio, sfruttando elementi stereotipati ma non banali, roba vista e rivista ma ben intercalata all'interno del film, avviandosi su una strada bilanciata fra momenti di spassionata leggerezza a sequenze un po' più serie ed interessanti. Il tutto, fra introduzione, svolgimento e finale, segue un ordine preciso e ben assettato.
Cosa convince maggiormente del film? Anzitutto, oltre quanto già detto, la facilità di comprensione: la storia si regge sulle proprie gambe senza barcollare, riuscendo a farsi capire anche dallo spettatore meno attento ed appassionato. Non è una cosa da poco, se considerato il soggetto: la sceneggiatura, traendo ispirazione dal videogioco di Prince of Persia attraverso un'interpretazione abbastanza libera, è stata scritta sicuramente bene e può essere considerata un ottimo successo, nell'ottica globale del lungometraggio. E lo sfondo caldo ed esotico del Marocco, luogo in cui il film è stato girato, coi suoi colori accoglienti ed accesi in un perenne effetto seppia, è il punto di forza di una scenografia ammirevole ed accattivante, costellata da effetti speciali che, seppur in quantità non elevata, son parecchio efficaci, e non minano alla genuinità stessa del film.
Inoltre, bisogna tener conto del buon gusto della regia per quanto riguarda la fase realizzativa, che (nonostante a volte sembra aprire apertamente dei richiami al conflitto fra USA e medioriente) ha avuto la compiacenza di mostrare dei personaggi di etnia mediorientale come principi, cavalieri e guerrieri d'onore, anziché dei terroristi, come giustamente temeva la critica. In questo caso si può sicuramente parlare di scommessa vinta, e di rischio evitato.
Fra i difetti in generale, da segnalare sono alcune mancanze che in ogni caso non creano particolari disagi. Le stesse "sabbie del tempo" ad esempio, pur fungendo da motore degli eventi dando intrigo e rilievo alla storia (nonché il titolo al film stesso), hanno un ruolo un po' troppo passivo ed assente per diversi tratti, mettendo in secondo piano alcuni elementi fondamentali della storia; se curati con appena un pizzico di interesse in più, e resi maggiormente presenti, avrebbero sicuramente giovato al film. Lo stesso pugnale del tempo viene utilizzato sporadicamente, ed il principe Dastan non ha moltissime occasioni di mettere in mostra le sue eccezionali doti fisiche, pur dimostrandosi più volte uno straordinario guerriero. Un pizzico di magia in più, inoltre, non avrebbe guastato.
Sembra discreta anche la gestione dei personaggi e dei rispettivi interpreti. Se da un lato il principe di Jake Gyllenhaal (famoso soprattutto per l'interpretazione in "I segreti di Brokeback Mountain" con Heath Ledger) appare un po' forzato e con lineamenti non perfetti per la parte, dall'altro viene ben compensato dalla bellezza della principesa Tamina, alias Gemma Arterton, dalla simpatia dello sceicco Amar (un bravissimo Alfred Molina, spesso protagonista di alcune scene esilaranti) e soprattutto dalla caratterizzazione del villain, il temibile e perfido Nizam (il premio Oscar Ben Kingsley è perfetto), che però per buona parte del film viene messo in secondo piano, quasi come un elemento alienante e di scarsa importanza. Il padre ed i fratelli del principe, costruiti ad arte per necessità narrativa, adempiono egregiamente al loro dovere, mettendo in risalto valori positivi e tematiche quali l'onore, la fiducia, la saggezza ed il sentimento di fratellanza e di rispetto reciproco, in maniera forse un po' scontata ma non per questo poco incisiva.
Fra i soliti detrattori di turno, sono da registrare due critiche importanti che il film ha ricevuto: un richiamo neanche troppo velato all'Iraq ed alle missioni di pace/guerra in seguito alla ricerca delle armi ha fatto parecchio discutere, così come le accuse di razzismo, dovute al fatto che la produzione non ha ingaggiato nessun attore asiatico tra il cast. Scelta magari opinabile, ma da rispettare: in fondo, l'aspetto globale del film possiede già un sapore esotico e "sabbioso", sarebbe stato inutile aggiungerne ancora attraverso un cast fisicamente più adatto. E non va scordato, in fondo, che molti personaggi, attraverso trucco e costumi vari, rispecchiano bene il tipico mediorientale. Forse mancano alcuni aspetti caratteristici come rituali e consuetudini varie del posto e dell'epoca, ma probabilmente avrebbero creato delle stonature, in un film che si classifica fra il genere avventuroso e fantastico.
Convincenti sia il doppiaggio italiano che le tracce musicali del solito Harry Gregson-Williams. Un plauso anche alla buona regia di Mike Newell.
Valutazione di manica un po' larga, che vuole premiare la sorprendente gradevolezza del film.
Ottima recensione e bellissimo film :)
RispondiEliminaBello! Visto l'altro ieri, una tamarrata hollywoodiana ma, come già Sherlock Holmes di Richie, l'ho trovato comunque un film estremamente gradevole e divertente... fa piacere sapere che un film assolutamente disimpegnato e d'intrattenimento può comunque essere bello! :)
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