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Le Idi di Marzo - George Clooney (2011)

Stephen Meyers è il più brillante addetto stampa del Paese. Giovane e idealista, ha sposato in tutto e per tutto il credo della campagna elettorale del senatore Mike Morris, impegnato nelle primarie del Partito Democratico, che se risulteranno vincenti, lo porteranno dritto dritto alle presidenziali della Casa Bianca.
Il problema è che Meyers è davvero troppo idealista. E quando capirà che il suo mestiere fa parte di un gioco (quello politico, ma non solo) decisamente poco idealista e molto reale, ne pagherà le conseguenze, e il suo mondo verrà stravolto per sempre. Non senza prendersi una piccola rivincita personale nei confronti di quelli che sono divenuti suoi avversari.

E’ un film molto sottile, quello di Clooney.
Niente di nuovo, a dire la verità. “Il solito gioco sporco della politica”, dove dietro sorrisi e incoraggiamenti ci sono iene pronte a sbranare altre iene, e dove dietro le belle parole del politico di turno, che sembra “il nuovo che avanza”, si cela in realtà “il solito mascalzone” che va a letto con la giovane stagista.

Le Idi di Marzo però è un bel film.
Ed è interessante perché ci mostra non solo il “solito mondo politico”, ma anche ciò che sta dietro. Un politico, per quando (apparentemente) bravo, senza una strategia, senza una pianificazione seria, il marketing, l’appoggio esterno di altri politici, ma soprattutto, senza il controllo della potenza dei media, non va da nessuna parte. Le campagne elettorali non si vincono da sole, nè per la bravura di uno dei contendenti. Le campagne elettorali le vince chi si sporca di più le mani, accettando anche i peggiori compromessi.

E’ una democrazia malata quella mostrata da Clooney, dove dietro l’apparenza di un sistema solido si celano mille trappole e mille insidie che, a conti fatti, distruggono il sistema dall’interno facendo marcire il tutto.

Il titolo, Le Idi di Marzo, è emblematico: nella pellicola infatti viene letteralmente assassinato “tutto”. Dal ruolo del politico, al ruolo dell’addetto stampa, a quello del braccio destro del senatore, fino ad arrivare all’eliminazione completa della coscienza dei personaggi.
L’assassinio (sotto qualsiasi forma esso si celi) serve sempre e solo a una cosa: raggiungere lo scopo. E quindi, raggiungere il potere.

3 commenti:

  1. Bel film, mi è piaciuto molto ma non ho avuto ancora il tempo di scriverne approfonditamente.

    Come hai detto è un film sottile, cinico ma realista.

    L'unico appunto che mi sento di fargli è nel finale un po' troppo sommesso, in linea con il film cui manca secondo me un guizzo che lo elevi. Buona comunque la regia di Clooney...

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  2. Buona l idea ma troppe forzature nella storia..il personaggio femminile non ha identità, caratterizzato malissimo, si muove senza un perché e serve soltanto a inserire qualcosa di avvincente nella trama che in realtà si rivela banale

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  3. Credo che le vostre due critiche siano molto puntuali. Sono d'accordo sul fatto che la stagista sia stata un personaggio "anonimo", anche se comunque, a ben vedere, è uno dei motori della storia. Sul finale, devo ammettere che m'è piaciuto. La seconda parte del film l'ho trovata molto più bella della prima.

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