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Pantani (James Erskine, 2013)

Le vittorie, le cadute, le (ri)salite, l’ascesa, il trionfo e l’inferno di Marco Pantani, colui che è considerato (quasi all’unanimità) come il più grande scalatore della Storia, nonché uno dei ciclisti più amati di sempre.
Cosa rendeva Pantani così forte in salita?
Qual era il suo segreto?
E cos’è successo in realtà quel maledetto giorno a Madonna di Campiglio, là dove il mito del Pirata si è infranto in mille pezzi sotto la pesante accusa di aver assunto EPO*?

Ognuno di noi ha i propri campioni sportivi preferiti.
Se dovessi stilare un podio ideale, il primo posto sarebbe ricoperto da Roberto Baggio, sicuramente il più grande genio calcistico, nonché il più forte ed elegante giocatore che lo stivale italico abbia mai partorito (e non è un caso che la classifica FIFA l’abbia collocato nei 10 migliori giocatori di tutti i tempi). Amavo così tanto il “Divin Codino” che quando ha appeso gli scarpini al chiodo ho perso gran parte del mio interesse verso il calcio giocato.


Il Pirata!

Al terzo posto, immancabile, Michael Jordan.
Avendo giocato a basket per diversi anni quand’ero piccolo, e nei pieni anni ’90, Jordan era la stella più fulgida del firmamento NBA. Era l’essenza stessa del Basket, colui che rendeva facili persino le giocate più impossibili. E vederlo giocare, per gli occhi di un bambino, era semplicemente fantastico.

Al secondo posto, però, c’è lui: Marco Pantani, il Pirata.
Non sono mai stato un appassionato di ciclismo, ammetto che per certi versi mi annoia pure un poco. Però non mi perdo mai i tapponi di montagna di Giro e Tour, per il semplice fatto che le scalate rappresentano l’anima pulsante del ciclismo.


Mito assoluto

E come le scalava le montagne Pantani…come lui nessuno mai. Lo scatto di Pantani, che partiva dalla coda e arrivava in cima da solo, era (ed è rimasto giustamente) leggendario. Di ciclisti come “Il Pirata” ne appare uno ogni vent’anni, sono quegli eroi mistici e tragici in grado di far appassionare le persone e concentrare l’attenzione su uno sport che, pur vivendo di fatica e sacrifici, appassiona, tutto sommato, pochissime persone.

Anche qui non è un caso che i ciclisti amati e idolatrati alla stregua di divinità si contino sulle dita di una mano: Merckx, Anquetil, Hinault, Coppi, Bartali, Indurain, Bindi, Gimondi, Lemond…e Pantani.
Il documentario di James Erskine è molto interessante, perché, senza scadere nell’agiografico, restituisce un Pantani umanissimo, uno sportivo mosso da una sana e genuina passione per uno sport, che si sarebbe ugualmente distinto (e avrebbe dominato) sugli altri nonostante la piaga del doping, e che ha causa della sua stessa bravura è stato probabilmente sacrificato per proteggere gli interessi economici del ciclismo.


Uno dei più grandi ciclisti della storia assieme ad uno dei più grandi truffatori della storia

Erskine non lo dice apertamente, ma lo fa intuire: nel giro d’Italia del ’99, il dominio di Pantani era talmente assoluto che stava mettendo in pericolo i profitti di sponsor e azienda. Interessante il fatto che fosse stato espressamente chiesto a Pantani di non vincere la Tappa di Madonna di Campiglio, e il documentario suggerisce che quegli strani risultati sul suo ematocrito fuori norma –risultati che l’avrebbero escluso dal Giro – siano stati quasi fabbricati “ad hoc” in quanto ritorsione – e punizione - nei confronti di chi aveva ignorato quell’ordine di scuderia e stava (e avrebbe) cannibalizzato Giro e Tour.


Scatto storico: lo sciopero dei ciclisti

La verità sul caso Pantani non si saprà mai.
Quello che è sicuro (e assodato come dato di fatto) è che a Madonna di Campiglio le analisi sul sangue di Pantani furono effettivamente pilotate. Gli stessi dottori che eseguirono i prelievi di sangue avrebbero testimoniato in seguito che quel prelievo non fu fatto seguendo tutte le norme. Se a ciò si aggiungono le voci che circolavano nei sottoboschi criminali – ovvero che Pantani non sarebbe mai arrivato alla tappa conclusiva del Giro -, più strane telefonate di minacce e avvertimenti alla famiglia del campione e agli stessi manager della sua squadra, si ha un quadro di una situazione non proprio pulitissima.

Rimane il fatto che il ciclismo (e il mondo), con la morte di Pantani, ha perso uno dei suoi campioni più amati, discussi, forti e invidiati.
Di lui ci rimangono le immagini di quelle scalate fantastiche, vere e proprie pennellate di un genio eccezionale, che sapeva emozionare come pochi.

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*Sempre interessante il fatto che le tracce di assunzione di doping o EPO rimangano per sempre nel midollo spinale della persona, e sono visibili anche a distanza di molti anni. L'autopsia di Pantani evidenziò che nel midollo spinale del campione non risultavano tracce di assunzione di doping o EPO.

3 commenti:

  1. Non sono un appassionato di ciclismo ma ovviamente il pirata lo conosco. Bell'articolo anche, la precisazione finale mette inquietudine.

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  2. Interessante il documentario, mi sa che me lo procurerò...
    Anche io sono stato un grande fan di Pantani, e sono d'accordo con chi afferma che è stato ucciso... Magari non in senso fisico, anche se i dettagli sulla sua morte sono molto confusi (mi riferisco all'inchiesta di un giornalista francese a riguardo), quanto in senso figurato: è stato crocefisso e usato come capro espiatorio, e sono sicuro che i giornalisti che all'epoca lo attaccarono così gravemente siano consapevoli di avere sulle loro mani il sangue del pirata... Poi sono convinto che i suoi errori li abbia fatti, anche se non ero a conoscenza dell'ultima precisazione che hai fatto... Comunque il Pirata sarà sempre vivo... Forse è davvero lui il Re dei Pirati... Marco D. Pantani XD

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  3. Mi sa che ho un film nuovo da scaricare :D

    ricordo anche io il pirata, non sono grande (o vecchio XD) come te, però lo ricordo molto bene :)
    Vorrei ripercorrere con il film la sua storia..

    Specialmente dopo aver visto un altro bel film (sparato tutto stamattina) "le ali della libertà"

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